Bonhoeffer: “Bisogna imparare a dire la verità”

di Marco Dotti

Il 9 aprile 1945, di prima mattina, il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer veniva assassinato nel lager nazista di Flossenbürg. La sua colpa – se di “colpa” possiamo parlare: aver preso parte alle cospirazioni antihitleriane. Avere “detto la verità”. Ma che cos’è, la verità? Ecco le parole di Bonhoeffer, tratte dalle pagine della sua Etica, uno dei libri capitali del Novecento:

«Dal momento in cui impariamo a parlare, ci sì insegna che le nostre parole devono essere veritiere. Che cosa vuoi dire? Che cosa significa: “dire la verità”? Che cosa ci viene ri­chiesto?

Evidentemente i genitori sono i primi che, con l’esigere la veridicità, regolano il nostro rapporto con loro; quindi in un primo tempo tale esigenza, nel senso inteso dai genitori, si ri­ferisce e si limita alla ristretta cerchia della famiglia. Bisogna osservare inoltre che il rapporto che si esprime in questa esi­genza non è senz’altro reversibile. La veracità del bambino ver­so i genitori è essenzialmente diversa da quella dei genitori verso dì lui. Mentre la vita del piccolo bambino è interamen­te aperta dinanzi ai genitori, e la sua parola deve svelare tutto ciò che è nascosto e segreto, non è pensabile il caso inverso. Riguardo alla veracità, l’esigenza dei genitori verso il bambino è diversa da quella del bambino verso di loro.

Se ne deduce subito che “dire la verità” ha un significato diverso secondo le rispettive posizioni. Bisogna tener conto dei rapporti che esistono in ogni singolo caso. Bisogna domandarsi se e in che modo un uomo ha diritto di esigere da un altro un discorso veritiero. Come il linguaggio usato tra genitori e figli è per natura diverso da quello tra marito e moglie, tra due amici, tra maestro e scolaro, tra autorità e suddito o tra ne­mici, cosi pure la verità contenuta in quelle parole è di volta in volta diversa. (…)

“Dire la verità” non è dunque soltanto una questione di at­teggiamento personale, ma anche di esatta valutazione e di se­ria riflessione sulla situazione reale. Quanto più varie sono le condizioni di vita di un uomo, tanto maggiore sarà per lui la responsabilità e la difficoltà di “dire la verità”. Il bambino che ha un solo rapporto nella vita, quello con i genitori, non ha ancora nulla da considerare e da valutare. Ma la successiva cerchia di persone in cui la vita lo pone, la scuola, gli crea le prime difficoltà. È dunque estremamente importante dal punto di vista pedagogico che i genitori facciano comprendere al bambino (non è il caso di specificare qui in che modo) la dif­ferenza che c’è tra queste diverse cerchie e quindi tra le sue responsabilità.

Bisogna dunque imparare a dire la verità. Queste parole suoneranno scandalose per chi pensa che sia sufficiente un at­teggiamento morale irreprensibile e che il resto è cosa da nulla. In pratica però l’etica non si può disgiungere dalla realtà, perciò una sempre migliore conoscenza della realtà è parte integrante dell’azione etica. Ma nel caso in esame l’azione consiste in pa­role. Bisogna esprimere in parole il reale.

(…)

Colui che pretende di “dire la verità” dappertutto, in ogni momento e a chiunque, è un cinico che esibisce soltanto un morto simulacro della verità. Circondandosi dell’aureola di fa­natico della verità che non può aver riguardi per le debo­lezze umane, costui distrugge la verità vivente tra gli uomini. Egli offende il pudore, profana il mistero, viola la fiducia, tra­disce la comunità in cui vive, e sorride con arroganza sulle ro­vine che ha causato e sulla debolezza umana che “non sopporta la verità”. Egli dice che la verità è distruttiva ed esige delle vittime, e si sente come un dio al di sopra delle deboli crea­ture, ma non sa di essere al servizio di Satana.

Esiste una verità satanica. La sua natura consiste essenzial­mente nel negare tutto ciò che è reale, assumendo le apparenze della verità. Vive di odio contro la realtà, contro il mondo che Dio ha creato e amato. Si da l’apparenza di eseguire un giudi­zio di Dio sulla realtà caduta nel peccato. Ma la verità di Dio giudica il creato per amore, invece la verità di Satana lo fa per invidia e per odio. La verità di Dio si è incarnata nel mondo e vive nella realtà, mentre la verità di Satana è la morte di tut­to il reale.

Il concetto di verità vivente è pericoloso e fa nascere il so­spetto che sì possa adattare la verità alle diverse situazioni: in questo modo il concetto di verità si dissolve, mentre verità e menzogna si avvicinano fino a confondersi.

Ciò che stiamo dicendo sulla necessità dì conoscere la realtà sì potrebbe anche fraintendere nel senso, che la quantità di verità che sono pronto a dire all’altro debba dipendere da un mio calcolo o da un mio atteggiamento pedagogico nei suoi confronti. È importante tener conto di questo pericolo.

Ma la possibilità di superarlo sta unicamente nel discernere diversi contenuti e li­miti che la realtà stessa prescrive al mio dire affinché esso sia veritiero. Non è lecito però prendere a pretesto i pericoli in­siti nel concetto di verità vivente per sostituirlo con il con­cetto formale e cinico della verità».

@oilforbook


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