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Sostenibilità sociale e ambientale

Cani in città: uso e manutenzione

di Fulco Pratesi

 

In Italia, secondo le statistiche ci sono 6 milioni di cani, senza contare i randagi. Molti di essi stanno con i cacciatori (non per nulla il setter inglese è la razza  più diffusa). Gli altri sono a guardia di greggi, di stalle, casolari e ville isolate.

Ma moltissimi vivono accanto a noi in città, nei nostri appartamenti, donandoci allegria, affetto, conforto e divertimento.

Così penso sia utile – per evitare guai e proteste di coloro che, pur amandoli, non sopportano i fastidi che i nostri amici gli possono provocare – fornire una specie di Manuale di uso e manutenzione, come quelli che ci aiutano a manovrare veicoli, elettrodomestici, computer e altri aggeggi oramai indispensabili alla nostra sempre più artificiale esistenza cittadina.

Il cane da preferire dovrebbe essere, sempre, una povera bestia abbandonata o ricoverata in un canile. Questi animali, provati da incredibili sofferenze, sanno regalare doni di dedizione, amore e intelligenza non sempre riscontrabili in cani di razza di alta genealogia.

In secondo luogo, dovendo farli vivere in città, la scelta tra questi (e tra quelli di razza) dovrebbe cadere sui soggetti di piccola taglia. E’tremendo vedere grandi cani lupo, chiusi per giorni in esigui terrazzini o in angusti giardinetti, che abbaiano disperati per ore.

I vantaggi del cane piccolo sono tantissimi: sono maneggevoli, entrano in una borsa, possono viaggiare in treno, aereo e tassì senza problemi, accompagnarci in negozi e uffici e, al contempo ci danno tutto l’amore e le gioie di un cane grande. E, dovendosi difendere da avversari sempre più grandi e pericolosi, hanno sviluppato un’intelligenza superiore.

Mangiano poco e, di conseguenza, le loro deiezioni sono facilmente raccoglibili con un minimo sacchetto che ogni padrone dovrebbe sempre portare con sé per evitare ai passanti gli acrobatici slalom tra mucchi di escrementi non raccolti da incivili proprietari di cani più voluminosi.

Ancora: i cani piccoli non spaventano i bambini, non aggrediscono i loro simili (a parte alcune razze storicamente da caccia in tana come terrier, bassotti, jack russel, spesso inutilmente e fastidiosamente aggressive) e non causano danni anche agli umani con seguito di denunce e cause giudiziarie.

In più, vivono benissimo in casa divertendosi con poco e costituendo un importante ausilio per bambini, anziani e disabili.

Molti, nonostante i vantaggi dei cagnolini che ho appena descritto, preferiscono i cani grandi. A parte i personaggi viriloidi e insicuri che ostentano cani addestrati per essere temibili e pericolosi, in genere si ricerca nel cane di grossa taglia l’appagamento di desideri infantili di sicurezza, di moda, di prestigio,  non tenendo conto dei problemi che la vita in appartamento comporta ad esso e agli altri, in termini di risse furibonde, di museruole, di guinzagli tirati allo spasimo (provocando brutte cadute ai proprietari anziani) e al movimento di cui esso ha assoluto bisogno mentre il cagnolino può farne a meno.

Senza pensare, infine, ai casi tremendi di cani da guardia o da gregge che aggrediscono e uccidono le persone.

Gli animalisti più esperti sostengono che l’aggressività, a volte letale, di pitbull, rotweiller, doberman, molossi è dovuta alla cattiva educazione impartita a loro da padroni inesperti. Senza considerare il fatto che se i cani da caccia, pur senza aver avuto specifici addestramenti, hanno atavicamente l’istinto venatorio, così razze, che sono state create proprio per la difesa cruenta del loro territorio e delle greggi e ad aggredire bovini o loro simili in indegne corride, il lato atavico, come sostengono gli allevatori e istruttori più avvertiti, può sempre emergere improvvisamente con risultati catastrofici.

Come purtroppo recenti e frequenti episodi ci dicono.

 


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