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Mauro Pastore

La nostra “esse”? Aziende, famiglie e comunità

di Giampaolo Cerri

VITA magazine in edicola da oggi è dedicato alla debolezza della "esse" nell'acronimo Esg, ossia i principi che orientano la responsabilità sociale di impresa. Studiosi, manager e attivisti concordano che le attività sociali sono più deboli e che occorre ripartire. Abbiamo raccontato alcune esperienza in cui, viceversa, c'è un'attenzione al sociale considerevole. Col direttore generale di Iccrea Banca, abbiamo parlato dell'esperienza di molte banche di credito cooperativo

Si intitola, «Dateci una "esse"» il secondo capitolo del nostro viaggio dentro l'acronimo Environment(al), Social, Governance – Esg. È una focalizzazione su due settori, il bancario e il farmaceutico, che per primi sono stati attenti, nel nostro Paese, alle logiche della responsabilità sociale di impresa. Fra queste anche Iccrea Banca, la capogruppo del Gruppo Bcc Iccrea, di cui abbiamo intervistato il direttore generale Mauro Pastore.

Dal suo punto di osservazione, vede anche lei una fragilità della lettera “esse” nell’acronimo che connota la responsabilità di impresa? E a che cosa è riconducibile?

Il Legislatore ha fin qui dato priorità alla transizione green, avendo individuato nella gestione dei rischi climatici e ambientali la priorità numero uno. Ciò, ritengo, anche in ragione del fatto che gli obiettivi connessi all’ambiente e al clima meglio si prestano ad essere individuati e conseguentemente misurati; pertanto, dovendo procedere secondo una logica di interventi progressivi si è valutato più opportuno procedere dalla E di Environmental. Tuttavia, è sempre più evidente come i bisogni legati alle dinamiche sociali siano altrettanto urgenti nonché strettamente interconnessi con le dinamiche di natura ambientale e climatica. La forte interessenza tra E di Environmental e S di Social è una nostra profonda convinzione, un legame su cui abbiamo impostato anche specifiche iniziative strategiche – come le Comunità Energetiche – in quanto non esiste giustizia sociale senza attenzione al territorio in cui le comunità di cittadini e imprese si inseriscono e operano. Prova ne sono i disastri, sempre più frequenti, che – causati dal cambiamento climatico e dalla scarsa attenzione alla cura del suolo – sconvolgono la vita delle persone e i sistemi produttivi dei territori colpiti. L’attenzione alle tematiche sociali è dunque oggi, per i motivi menzionati, sempre più rilevante. In Italia, per esempio, sono aumentate le persone in condizioni di povertà assoluta anche quale effetto diretto del periodo pandemico e del conflitto bellico in corso che, con il conseguente aumento dei prezzi, ha inciso in maniera importante sul potere di acquisto dei cittadini. E le cose non vanno meglio a livello europeo; ritengo quindi che il driver S – da sempre nostra attenzione primaria – debba ora diventare prioritario anche per il legislatore e il regolatore.

Alcuni osservatori imputano il ritardo delle attività sociali alla difficoltà di misurazione delle performance. È d’accordo? Come si regolano le Bcc?

L’assenza finora di una misurazione affidabile e di una metrica univoca e standardizzata delle performance sociali, e non solo di queste, ha avuto la sua importanza. Il contesto però sta cambiando in modo significativo. Intanto, la Tassonomia “verde” (Regolamento UE 2020/852) è entrata finalmente in vigore. Si tratta di un sistema condiviso di classificazione e di certificazione di prodotti e di servizi considerati sostenibili, in grado di ridurre il rischio di pratiche scorrette. Oggi il grado di ecosostenibilità degli asset di una azienda è misurato attraverso indicatori oggettivi come il GAR (Green Asset Ratio), per cui non è più possibile attribuire arbitrariamente “l’etichetta green o social” ad un prodotto. Inoltre, la Tassonomia green ha fatto da “apripista” alla definizione anche di quella sociale, sebbene la misurazione di quest’ultimo ambito resta oggettivamente più difficile. Per quanto riguarda le BCC, la Sostenibilità, intesa come supporto alle comunità locali, ne costituisce da sempre il patrimonio genetico, e nel contesto – recente – di costituzione del Gruppo BCC Iccrea l’attenzione al territorio è ancora al centro dell’azione strategica sul fronte ESG. Il Piano di Sostenibilità di Gruppo – integrato nel Piano Strategico 22-24 – orienta infatti la sua ambizione più rilevante proprio al supporto delle micro, piccole e medie imprese (mPMI) nel processo di transizione sostenibile; non solo Green, dunque, ma anche e soprattutto Social e Governance anche individuando specifici KPI in ottica di misurazione dei risultati.

Più volte sono stati segnalati casi di green washing, secondo lei esiste anche il rischio di social washing?

Direi che il rischio di attribuire etichette “green” o “social” a ciò che in realtà non lo è o non lo è pienamente, esiste. Al riguardo, l’introduzione di una misurazione univoca e standardizzata, resa possibile, da una parte, dalla Tassonomia UE e, dall’altra, dal lavoro che sta facendo l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) per introdurre standard univoci di rendicontazione a livello europeo, potranno certamente arginare il fenomeno e costituire maggiore garanzia per il mercato: dagli investitori fino ai consumatori.

La storia del movimento del credito cooperativo è innervata di radicamento territoriale e di rapporto con le comunità locali, il sociale è, insomma, nel vostro Dna. Che cosa significa questa vocazione, in termini di volumi, in rapporto alla raccolta complessiva e ad altri indicatori di performance economico-finanziaria?

Nel solco di quanto declinato nell’articolo 2 dello Statuto delle Banche di Credito Cooperativo e, dunque, in coerenza con la mission storica delle nostre banche – da sempre orientata al soddisfacimento delle esigenze di soci, clienti e comunità dei territori di insediamento – anche per il 2021 rilevante è stato l’impegno profuso in ottica di sviluppo sociale con iniziative dirette. Intanto al 31 dicembre 2021 circa l’86% dei finanziamenti complessivi sono stati erogati a favore di famiglie e a piccole e medie imprese, con un incremento di circa il 2% rispetto al precedente esercizio. Ingente è stato il supporto a famiglie e imprese nell’ambito della pandemia: per quanto riguarda le moratorie, al 31 dicembre 2021 erano circa 200.000 le pratiche deliberate dal Gruppo, per un valore di oltre 20 miliardi di euro. Nel biennio della pandemia 128 BCC (dato al 31.12.2021) hanno, inoltre, erogato oltre 150.000 finanziamenti a valere sull’articolo 13 del D.L. 23 (Liquidità) garantiti dal Fondo di Garanzia delle PMI, per un importo complessivo vicino ai 9 miliardi di euro.

Di rilievo anche le erogazioni liberali e le sponsorizzazioni: il totale delle donazioni, nel 2021, si attesta a circa 38 milioni di euro. Questo per quanto attiene i risultati. In ottica prospettica, il nuovo Piano di Sostenibilità – come accennavo prima – è stato costruito avendo quale obiettivo primario proprio l’attenzione al territorio anche in ottica di “advisor” delle piccole e medie imprese nel processo di transizione sostenibile.

Come selezionate i progetti da sostenere? Ci sono criteri centrali per le banche o i singoli Istituti hanno piena autonomia di scelta?

In quanto Gruppo Cooperativo, il nostro assetto di governance presenta delle specificità rispetto ad un gruppo bancario tradizionale. In particolare, il Contratto di Coesione – alla base della costituzione del Gruppo – definisce gli ambiti su cui la Capogruppo esercita attività di direzione, coordinamento e controllo al fine di favorire l’unità di direzione strategica e operativa. Relativamente alle tematiche ESG – ormai profondamente integrate nelle strategie del Gruppo – la Capogruppo ha varato a inizio 2022 un nuovo e sfidante Piano di Sostenibilità, integrato nel Piano Strategico 22-24, che è stato condiviso con le BCC ed ha rappresentato la base di riferimento per la predisposizione delle strategie ESG anche a livello locale. È chiaro che le BCC – per la loro dislocazione su tutto il territorio nazionale, caratterizzato da profonde differenze del substrato economico e sociale di riferimento – hanno valorizzato la proposta di obiettivi ESG definiti a livello centrale introducendo ulteriori iniziative e/o personalizzando quelle proposte in modo da adeguare le specifiche azioni al contesto di insediamento nonché alle caratteristiche dimensionali della singola Banca. La definizione delle strategie ESG delle Banche si è dunque inserita nella linea tracciata dalla Capogruppo, secondo un approccio univoco e omogeneo.

Dovendo indicare alcune iniziative specifiche che meglio rappresentino la vostra sensibilità in materia, quali esempi fareste?

Tra i vari progetti definiti a livello centrale su cui le Banche stanno facendo leva per potenziare la loro azione sul territorio vi è in particolare il progetto di supporto alle mPMI verso la transizione sostenibile, definito nel solco della storica azione di supporto alle comunità delle BCC ma anche tenendo in debito conto le nuove esigenze normative e strategiche. Il Progetto si sviluppa lungo tre specifiche direttrici di intervento: si tratta dell'Education, ossia delle iniziative volte a informare e formare i clienti circa l’impatto che la sostenibilità avrà sul loro posizionamento strategico. Obiettivo di questa fase del progetto è generare consapevolezza, elemento abilitante dei processi di trasformazione; dell'Analisi di Posizionamento ESG e Piano di Evoluzione, vale a dire il supporto ai clienti attraverso strumenti/servizi funzionali ad uno screening del loro livello di sostenibilità (su E, S e G) con l’obiettivo – intrinseco nel progetto – di individuare le iniziative funzionali al processo di evoluzione, quasi in ottica di supporto alla pianificazione strategica dei clienti e, infine, Finanziamento, con cui intendiamo gli strumenti per agevolare i clienti nella conoscenza e nell’accesso ai fondi pubblici (PNRR) nonché prodotti di finanziamento dedicati alla transizione sostenibile.


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