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Biodiversità

Lodi gioca la carta dell’impollinazione urbana

di Sara Bellingeri

Due gli obiettivi del progetto: diffondere la conoscenza del mondo delle api coinvolgendo cittadini e cittadine, operatori del settore e comunità scientifica e consolidare l’innovazione sul fronte della ricerca scientifica: le api infatti fungono da importante cartina tornasole dello stato di salute del territorio rivelandone i valori di inquinamento e non solo

Un nome che è tutto un programma, un programma che ha come missione la tutela della biodiversità e la sensibilizzazione condivisa a prova di presente e anche futuro. Questa la carta d’identità del progetto “ImpollinAzione Urbana – Api, fiori e cittadini per una città biodiversa”, sviluppato sul territorio lodigiano a partire dal 2020 grazie al sostegno della Fondazione Cariplo e che vede in rete tre realtà in sinergia tra loro: la cooperativa sociale onlus “Il Pellicano”, l’università degli Studi di Milano facoltà di Medicina Veterinaria e il Movimento Lotta alla Fame nel Mondo. A sostenere l’iniziativa partecipano anche il Comune di Lodi, la Federazione Apicoltori Italiani e il Parco Adda Sud. Due gli obiettivi cardine del progetto: diffondere la conoscenza del mondo delle api coinvolgendo cittadini e cittadine, operatori del settore e comunità scientifica, oltre a consolidare l’innovazione sul fronte della ricerca scientifica del settore apistico perché, come scopriremo, le api fungono da importante cartina tornasole dello stato di salute del territorio rivelandone i valori di inquinamento e non solo.

A fungere da ente capofila del progetto ImpollinAzione Urbana è la cooperativa “Il Pellicano” che da tempo intreccia promozione dell’inclusione, innovazione delle politiche sociali e tutela della biodiversità. Un connubio di valori e azioni che accompagna la gestione di diversi servizi tra cui una comunità di recupero rivolta a giovani e adulti con problematiche di tossicodipendenza e alcolismo. Presente inoltre un housing sociale che ospita una ventina di persone a rischio emarginazione inviate dai comuni o dai servizi territoriali.

Alla fine del 2015 si aggiunge il progetto cardine “Gli Orti del Pellicano”: un vero e proprio orto sociale che consente l’inclusione lavorativa di persone con disabilità o con diversi tipo di svantaggio che trovano così un’occasione di riscatto nei due ettari di terreno gestiti dalla cooperativa e dedicati alla coltivazione di verdura stagionale e frutta che viene poi trasformata in composta, presente anche un pollaio con 250 galline ovaiole. Proprio nell’ambito di questa realtà avviene l’incontro con il mondo delle api che assumono un ruolo sempre più importante, come conferma Enrico Castelvecchio, educatore e coordinatore delle attività del Pellicano: “A inizio 2016 un nostro volontario di nome Luciano ci ha donato le prime quattro arnie e ora siamo arrivati a gestirne 22 dando molta importanza all’aspetto dell’informazione cittadina a favore della tutela delle api”.

Alla produzione di miele la cooperativa affianca infatti la realizzazione di corsi gratuiti di introduzione all’apicoltura. “Le prime arnie erano di tipo razionale, più complesse da curare poiché richiedono delle tecniche specifiche e strumentazioni adeguate – spiega Enrico Castelvecchio – Nel 2019 abbiamo invece implementato le arnie chiamate kenya top bar che sono molto più semplici da gestire, anche a livello familiare, poiché non richiedono tutte le attrezzature come nel caso di quelle razionali. Da qui la decisione di attivare incontri formativi aperti alla cittadinanza”.

Una formazione che traghetta con sé importanti obiettivi, come specifica Castelvecchio: “In 18 mesi attraverso questi incontri di carattere teorico e pratico non solo si trasmettono le pratiche per gestire un alveare ma viene anche condivisa una sensibilizzazione che ribadisce il ruolo fondamentale delle api e in generale degli insetti impollinatori per la tutela della biodiversità che i corsisti e le corsiste possono poi diffondere a livello familiare e in generale nel contesto in cui vivono”.
L’interesse nei confronti del mondo delle api e delle sue preziose risorse ha fatto breccia in un target variegato: “Abbiamo una trentina di corsisti, uomini e donne di varia età, anche giovane, che si confrontano con l’intero ciclo vitale delle api. Attualmente stiamo ad esempio monitorando la crescita dell’alveare e preparando la fase di invernamento oltre ai trattamenti anti-varroa. A maggio invece abbiamo affiancato i corsisti per la parte di inserimento dei pacchi d’api con regina all’interno dell’alveare: ogni periodo del ciclo vitale prevede la sua attività”. E finito il corso quale futuro attende ai partecipanti? “Possono proseguire il percorso come apicoltori e cosa più importante riprodurre sul territorio questo modello di tutela della biodiversità”.

Sul fronte logistico sono due le aree lodigiane interessate dal progetto di cura degli alveari attraverso l’installazione di 12 arnie kenya top bar: “Un’area è quella di SanfereOrto a Lodi, area comunale data in concessione per 10 anni all’ATS, l’altra ci è stata data in concessione dal Parco Adda Sud e si trova nella zona di Lavagna, frazione di Comazzo-Merlino”.

Non è inoltre mancato l’importante ingrediente dell’inclusione lavorativa attraverso il finanziamento da parte di Fondazione Cariplo di una borsa lavoro di 6 mesi che ha permesso a Mario Chieregato, utente della cooperativa, di mettere a frutto le sue consolidate competenze nell’ambito della falegnameria costruendo le 12 arnie top bar protagoniste del progetto. “Per me è stata un’esperienza nuova che ha richiesto molta precisione e che mi ha appassionato – ci racconta con soddisfazione – Sono infatti stato sempre interessato a capire come le api lavorino nella loro “casa” e costruirla mi ha permesso di conoscerle meglio. Ho inoltre potuto contare sull’affiancamento di Enrico”.

Annamaria Costa della facoltà di Veterinaria dell’università di Milano: “Le api sono preziosi bioindicatori ambientali, grazie a loro rileviamo i livelli di inquinamento dell’ambiente in cui viviamo”.

Parlare delle api significa parlare anche di ambiente e di salute, compresa la nostra. Il concetto è chiaro e forte e viene evidenziato dalla parte scientifica di ImpollinAzione Urbana che vede protagonista la facoltà di Medicina Veterinaria dell’università di Milano. Al centro un meticoloso e affascinante lavoro di rilevazione e analisi di dati sulle api e sulle arnie che fungono da cartina tornasole del livello di inquinamento da cui siamo circondati. “Come confermato da tempo da studi internazionali, le api rappresentano dei veri e propri bioindicatori ambientali – ci spiega la professoressa Annamaria Costa, responsabile scientifica del progetto – Lo studio si concluderà a dicembre 2022, attualmente abbiamo i dati della prima tornata, fatta nel periodo primaverile ed estivo”. E a proposito del lavoro di rete con le altre realtà di ImpollinAzione Urbana afferma: “Si tratta di un progetto fortemente appassionante supportato da un team fantastico dal punto di vista professionale e umano”.


Addentrandoci nelle caratteristiche dello studio scopriamo un vero e proprio sistema di accurata rilevazione su più fronti attraverso una modalità di raccolta sostenibile e un monitoraggio che può avvenire da remoto. “Il nostro protocollo prevede di monitorare quello che succede alle api tramite strumentazioni apposite installate in due arnie a Lavagna e in due a Lodi – spiega Annamaria Costa – Innanzitutto controlliamo i valori ambientali come temperatura, umidità, pressione e velocità dell’aria e quanti millimetri di pioggia sono caduti. Monitoriamo inoltre la temperatura interna dell’arnia dove abbiamo posto più termometri per capire quali siano le zone più abitate dalle api. Infine, sotto l’arnia, abbiamo una sorta di bilancia che indica come e quanto varia il peso di questa. All’entrata dell’arnia è stato posto un sistema dotato di sensori che rileva i voli delle api in entrata e uscita facendoci capire quanto sia attivo l’alveare”. A questo proposito non mancano le curiosità come ci rivela la professoressa Costa: “I comportamenti delle arnie differiscono a seconda di dove si trovano: ad esempio a Lavagna risultano finora più attive. Ci sono arnie che iniziano muoversi prima di altre e una spiegazione è data ad esempio dal fatto di essere posizionate più ad est: il sole le scalda prima e quindi è come se le api avessero una sveglia biologica che avvisa loro di uscire”.

Ma arriviamo al cuore dell’analisi: le api in veste di preziosi indicatori di inquinamento ambientale: “Quella che raccogliamo dalle api è un’indicazione a largo raggio che coinvolge non solo l’aria ma anche l’acqua e il suolo: più l’ambiente è malsano per un’ape, più questo viene rivelato da essa”.
Il ruolo delle api come bioaccumulatori di inquinanti ambientali viene valorizzato al massimo dallo studio che coinvolge l’analisi di ben 26 metalli pesanti. “Le analisi vengono eseguite dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Bologna con cui collaboriamo – specifica la professoressa Costa – L’idea è stata quella di non focalizzarsi sui soliti metalli tipo cadmio e piombo ma sulla combinazione di questi mettendo in relazione la loro quantità con l’attività delle api: un aspetto nuovo oltre che importante. I valori delle api vengono poi confrontati con quelli rilevati nel muschio posto in sacchetti appositi che abbiamo posizionato in diverse aree dei territori coinvolti”. I risultati saranno presentati attraverso pubblicazioni scientifiche e sarà previsto un evento finale a Lodi per dare voce agli esiti del progetto.

Movimento Lotta alla Fame del Mondo: “Puntiamo ad attivare una comunità educante. L’apprendimento nel contesto naturale sensibilizza i bambini sul tema della biodiversità”.

“ImpollinAzione Urbana è un felice intreccio tra varie realtà e importanti aspetti come quello dell’ambiente e del sociale – commenta il presidente del Movimento Lotta alla Fame nel Mondo Antonio Colombi – La nostra associazione esiste da 56 anni e ci occupiamo soprattutto di cooperazione internazionale, a tutto ciò abbiamo affiancato con soddisfazione queste iniziative territoriali di educazione alla cittadinanza. Ciò che vogliamo creare è una progettualità che un domani possa rappresentare un modello replicabile in altre zone affinché si attivi una comunità educante”.
Proprio sul fronte della sensibilizzazione dei più giovani il MLFM è fortemente attivo e nell’ambito di ImpollinAzione Urbana ha già messo a segno diverse iniziative coinvolgendo scuole materne, primarie e medie. Nell’anno scolastico 2020/2021, oltre agli incontri in classe, ha realizzato 6 laboratori a SanfereOrto incontrando 120 alunni e alunne di età compresa tra i 7 e i 14 anni. Per questo anno scolastico sono previsti ben 700 beneficiari e non è mancato il confronto con una prima superiore, come ci racconta con entusiasmo Laura Negri, educatrice e referente dei progetti didattici per l’area di SanfereOrto: “Il nostro datore di lavoro è la stagione e insieme ai bambini scopriamo ciò che la terra offre in quel momento – spiega – Puntiamo alla stimolazione sensoriale per imparare a conoscere frutti e ortaggi proprio attraverso i cinque sensi: la ricchezza degli stimoli e l’esperienza diretta hanno un effetto davvero importante sull’apprendimento dei piccoli”. A questo proposito evidenzia: “I bambini ci stanno dando un fantastico riscontro in termini di curiosità e di trasformazione positiva, come confermato anche dai loro insegnanti: l’apprendimento nel contesto naturale favorisce maggior coinvolgimento anche nei confronti del tema della biodiversità. Noi spieghiamo loro che tutto in natura è collegato e come questi collegamenti riguardino le api stesse”. Un collegamento che coinvolge anche le figure che si occupano della gestione delle arnie: “Alcuni corsisti che hanno seguito il percorso di apicoltura sono venuti a confrontarsi con i bambini permettendo loro di scoprire questo tipo di figura e il compito e la responsabilità che ha: un’altra interessante scoperta per i nostri esploratori”.


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