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Kenya, 70 i morti del massacro di Marsabit. Interviene l’esercito
Un responsabile della Croce Rossa del Kenya a Vita: "Corpi ovunque, bambini uccisi fuori da una scuola". Il Paese ammutolito dalla violenza dei massacri tra Borana e Gabra (di Pablo Trincia)
di Redazione
E’ salito a 70 morti (dei quali circa venti bambini) e 27 feriti il bilancio dei massacri avvenuti due giorni fa in due vilaggi nei pressi della località di Marsabit, nel nord del Kenya.
Lo ha detto a Vita Farid Abdulkadir, responsabile dell’emergenza disastri presso la Croce Rossa Keniota, appena tornato dalle località dove le gruppi armati comunità Gabra e Borana si sono scontrati provocando una vera e propria carneficina. Alla base dell’odio che divide le due etnie ci sarebbero questioni territoriali e di pascolo, che la mancanza d’acqua avrebbe esasperato fino a provocare gli scontri.
Secondo le prime ricostruzioni l’attacco sarebbe stato condotto da alcuni Borana, inferociti per il furto di alcune decine di capi di bestiame, spesso unica ricchezza di popoli nomadi o semi-stanziali costretti ad adeguarsi ai cambiamenti climatici e a confini tribali e politici delle impervie regioni al confine con l’Etiopia. “Negli ultimi due anni c’è stata una forte siccità – dice a Vita Abdulkadir – e la mancanza d’acqua ha fatto sì che la tensione tra le due comunità per il controllo del territorio salisse a mille”.
Appena rientrato da Marsabit, dove il governo ha inviato duemila soldati per motivi di sicureza, Abdulkadir è ancora scosso per lo scenario che i due villaggi di Turbi e Boubissa avevano da offrire alle autorità e ai primi soccorritori: almeno venti bambini sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco o di machete da un gruppo di armati mentre entravano in una scuola. Scene da Ruanda in una Beslan africana. “C’erano morti ovunque – continua l’operatore della Croce Rossa – è stato un attacco studiato apposta per colpire i piccoli di un collegio. Nei villaggi le donne disperate si chiedevano ‘perchè loro?’, ‘perchè i bambini?’. Ma le assicuro che questo episodio ha scosso l’intero Paese.”
Nella giornata di ieri ci sarebbero stati nuovi scontri nei pressi del villaggio di Maikona. La tensione ha costretto 6mila persone ad abbandonare l’area. Non si hanno conferme invece sulla sorte degli assassini. Dieci di loro sarebbero stati uccisi dalle forze dell’ordine, altri sarebbero riusciti a fuggire veso l’Etiopia. Così come non sono ancora chiare le motivazioni che hanno spinto alcuni sicari a uccidere Mons. Luigi Locati, missionario italiano trovato morto ieri a Isiolo, più a sud. Gli investigatori stanno tentanto di capire se la sua morte può essere legata agli scontri tra i Gabra e i Borana.
Ma la cosiddetta ‘Guerra dell’acqua’ in Kenya non riguarda solo queste due popolazioni. Nella Rift Valley è da tempo in corso un conflitto tra alcune comunità Masaai e Kikuyu sui possedimenti di alcune aree bagnate dal fiume Ewaso Kedong. A febbraio le vittime degli scontri furono circa una ventina. E un mese dopo a El Golicha, non lontano dai luoghi dei massacri di questa settimana, i morti negli scontri tra i clan di origine somala, i Gurule e i Garre, avvenuti per simili ragioni, causarono la morte di 30 persone.
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