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Kenya, la partita elettorale decisa da un Tribunale

Oggi il verdetto decisivo della Corte Suprema sul ricorso di Odinga contro Kenyatta. Una cooperante di Intervita ci spiega perché queste elezioni sono così importanti

di Redazione

In Kenya il vincitore tra i due schieramenti che si sono affrontati alle elezioni del 4 marzo scorso lo deciderà la Suprema Corte, che oggi emetterà il suo verdetto. Il kikuyu Uhuru Kenyatta è stato dichiarato vincitore con il 50,07 dei voti (ha superato la soglia del 50 per cento più 1 per poche migliaia di consensi) e ha festeggiato. Raila Odinga che ha perso la corsa al ballottaggio ha fatto ricorso alla Corte Suprema. Un clima di incertezza però ben lontano dal clima di scontri del 2008. Annarita Spagnuolo, Cooperante Kenya di Intervita Onlus  ci manda questo suo diario elettorale dal Paese africano, spiegando l'importanza di questa sfida elettorale.

Il 4 Marzo 2013 è stato un giorno storico per i cittadini Kenioti, che hanno avuto la grande responsabilità di decidere chi governerà il Paese per i prossimi cinque anni.

I ricordi delle violenze verificatesi nel 2008 a seguito delle scorse elezioni del 27 dicembre 2007,  sono ancora vivi nelle menti e nei cuori delle persone. In quell’occasione, il costo umano pagato fu inaccettabile: vi furono circa 1300 morti e 600,000 sfollati, che purtroppo non sono stati ancora assistiti dal governo con un’adeguata sistemazione nelle località di origine, ma sono tutt’oggi locati in campi tendati. La violenza scoppiò a seguito della dichiarazione di Raila Odinga, il quale accusava il Presidente Kibabi di essere stato eletto grazie a brogli elettorali. In seguito, la comunità internazionale intervenne con un pool di capi di Stato guidati da Kofi Annan come inviato dell’ONU per mediare diplomaticamente l’empasse nel Paese. Dopo lunghi mesi di trattative, fu trovato un accordo e fu creato un governo di coalizione, nel quale per 5 anni il Presidente Kibabi dovette condividere le proprie scelte con lo “sconfitto” Raila Odinga, che venne nominato Primo Ministro.


A seguito di questi eventi il Kenya ha intrapreso la strada del cambiamento ed enormi passi avanti sono stati fatti dal 2007, quando la violenza post-elettorale fomentata da atteggiamenti egoistici di alcuni politici, ha colto tutti di sorpresa; è ora vigente la nuova Costituzione, che, oltre alla suddivisione dei ruoli e delle cariche, ha anche dato atto alla necessaria riforma agricola. L’assetto giudiziario ha anch’esso cominciato la sua riforma e lo stesso si può dire per il settore della sicurezza, che è  stato uno dei nodi dolenti della gestione della violenza scaturita nel 2008.
Questa elezione è dunque significativamente diversa da tutte le altre avvenute negli ultimi 50 anni, a partire dall’indipendenza acquisita nel 1963.


Queste sono le prime elezioni che avvengono in base alle regole della nuova Costituzione, che ha rivoluzionato la suddivisione del Paese ed ha avvicinato i servizi ai cittadini delocalizzando le decisioni ed i poteri alle contee.


L’elezione è inoltre caratterizzata da altri elementi innovativi; i Kenioti si trovano infatti per la prima volta a votare con un kit ad alta tecnologia, e si richiede loro di eleggere 6 cariche. Molti investimenti e sforzi di educazione civica sono stati avviati nei mesi scorsi nel Paese per fare in modo che gli elettori fossero consapevoli delle loro scelte e in grado di esercitare il proprio diritto di voto .

Il Kenya dunque è oggi ad un bivio tra la strada per la civiltà ed il progresso e quella verso l’ involuzione e la violenza che hanno caratterizzato le scorse elezioni.  
Dall’altro lato, non si può negare che, ancora oggi, 50 anni dopo l’indipendenza, il Paese in occasione delle elezioni sembra ancora essere profondamente diviso etnicamente. Infatti, sebbene vi siano 8 candidati presidenziali, le recenti statistiche mostrano chiaramente che la scelta cadrà tra Raila Odinga, il Primo Ministro uscente, esponente Luo, e Uhuru Kenyatta, figlio del primo presidente keniota, esponente Kikuyu, tribù  al potere da 50 anni.
Elemento molto importante da rilevare in merito a quest’ultimo candidato alla presidenza,  è che Uhuru Kenyatta, è accusato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja, unitamente al suo compagno di coalizione, di crimini penali contro l’umanità proprio per gli accadimenti violenti accaduti a seguito delle elezioni di 5 anni fa.  Se dovesse essere eletto, molti Paesi hanno già dichiarato che potrebbero decidere di sanzionare economicamente e diplomaticamente il Kenya.  Sono a tutti noti i danni enormi che un Paese fronteggia a causa delle sanzioni, e questo potrebbe mettere in ginocchio uno Stato che esce già da 5 anni difficili. Inoltre, la politica interna potrà riversare in una situazione di stallo se il futuro presidente ed il suo vice saranno costretti a recarsi all’Aja per subire il processo.
C’è da dire tuttavia che nei mesi precedenti le elezioni, sebbene piccoli focolai di violenza si sono accesi – in particolare nel delta del fiume Tana, nella zona di Garissa, a Kisumu e Mombasa nelle slum di Nairobi – tutti i candidati si sono impegnati ed hanno invitato i loro simpatizzanti alla calma e ad accettare la sconfitta.
Questo è un segnale forte che dimostra come la necessaria lotta contro l’impunità stia lentamente facendo il suo percorso: la gente è consapevole che il Kenya ha bisogno di una leadership duratura che faccia proseguire il Paese nel cammino dello sviluppo. I Kenioti hanno dimostrato ieri di tenere al loro Paese, e si sono recati alle urne numerosissimi e dotati della consuenta pazienza e buona volontà; molti erano in coda ai seggi prima dell’alba e vi sono rimasti per moltissime ore.
Essi sanno benissimo che è in gioco il loro futuro e devono riguadagnare l’immagine di democrazia esemplare e non violenta che hanno perso durante le scorse elezioni.

I Kenioti stanno facendo la storia oggi, e sanno cosa possono perdere; il Kenya è infatti il centro dell’Africa Orientale, e tutti i Paesi limitrofi hanno sofferto del fallimento delle elezioni di 5 anni fa. È  un Paese con un enorme potenzialità, un hub sia finanziario che economico che ha attratto e potrebbe attrarre enormi investimenti anche in aree non tradizionali (il Kenya promette di essere il nuovo centro di innovazione tecnologica dell’area).
Questo potrebbe guidare il Paese nel cammino verso la parità di condizioni, che consentirà di colmare il divario tra ricchi e poveri, uomini e donne, potenti  ed emarginati, e di far uscire milioni di persone dalla soglia della povertà.


Per Intervita Onlus, a seguito dell’apertura della sede nel 2009, queste sono le prime elezioni  e sappiamo quanto una buona leadership sia importante per continuare ad attuare progetti di sviluppo a favore di bambini e comunità nelle circa 50 scuole supportate insieme ai nostri partners locali. Crediamo che profondi cambiamenti stiano avvenendo in Kenya, dove più della metà della popolazione è costituita da giovani.
 
Abbiamo investito molto – e lo faremo ancora – nel settore dell’istruzione, con la speranza che i bambini di oggi, provenienti da differenti tribù, possano presto riconoscersi semplicemente come giovani kenioti che scelgono un leader per le sue capacità piuttosto che per la sua provenienza.

 
 

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