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L’impegno italiano per la pace. Senatori in viaggio nell’Uganda ferita

Dopo mesi di audizioni, tre parlamentari hanno incontrato le vittime dei ribelli dell’Lra. E il presidente Museveni. Che ribadisce di avere tutto sotto controllo...

di Benedetta Verrini

Hanno visitato l?ospedale Saint Mary di Lacor, i campi di sfollati fuori Gulu, i missionari Comboniani, i progetti di cooperazione delle ong italiane come Avsi. E a Kampala hanno incontrato il presidente Yoweri Museveni.
Così i tre senatori italiani Enrico Pianetta (FI), Antonio Iovene (Ds) e Alessandro Forlani (Udc), rispettivamente presidente e membri della Commissione straordinaria diritti umani, sono andati a vedere di persona quello che nelle audizioni ormai ascoltavano da mesi: il Nord Uganda non riesce a uscire dall?abisso di morte e terrore provocato da Joseph Kony e dal suo Lord Resistance Army.
“Una vera guerra, che in 18 anni ha causato oltre un milione di sfollati e 25mila bambini rapiti, coperta da una coltre di silenzio mediatico e dalla scarsa considerazione dell?Onu; minimizzata dallo stesso presidente Museveni”, spiega il senatore Iovene.
La delegazione italiana è partita l?8 febbraio scorso, proprio mentre i giornali riportavano la notizia dell?ennesima mattanza di contadini da parte dei ribelli dell?Lra. Tutto drammaticamente vero, confermano i senatori, che sono stati testimoni del flusso di ?pendolari? che al tramonto giungono negli ospedali e nella città di Gulu a cercare una notte sicura, al riparo dalle scorrerie. “I cortili dell?ospedale pubblico e di quello di Lachor si riempiono di migliaia di persone. La notte, Gulu passa da 200mila a 300mila abitanti”, prosegue Iovene. E poi, i campi di sfollati: “Abbiamo visto migliaia di persone, accampate in capanne di fortuna con tanti bambini, che vivono come sospese nell?emergenza, senza presente né futuro, completamente dipendenti dagli aiuti umanitari”, aggiunge Pianetta. “Una catastrofe umanitaria cui bisogna far fronte con la massima urgenza”.
E su questo punto, l?impegno diplomatico italiano ha dovuto prendere atto del fermo “No, grazie” del presidente Museveni. Almeno riguardo a un possibile intervento umanitario da parte delle Nazioni Unite. “Il presidente ugandese è del tutto contrario a un intervento Onu, che ritiene inadeguato per una questione che considera di ordine interno”, conferma Pianetta. “Mi è sembrato più aperto nei confronti di un eventuale intervento pacificatore di un soggetto terzo. Quando gli ho domandato chi avrebbe potuto essere, mi ha anche fatto il nome della Comunità di Sant?Egidio”.
“A mio avviso, Museveni ha tutto l?interesse a mantenere questo status quo”, commenta Iovene. “La situazione di emergenza nel Nord gli consente, con l?implicito assenso della comunità internazionale, di portare avanti un mandato presidenziale che si trova già alla seconda scadenza. Fedele alleato degli Stati Uniti, Museveni ha di recente ottenuto il via libera per un aumento delle spese militari, che passeranno dall?1,9 al 3% della spesa pubblica. Grazie a questi forti investimenti negli armamenti, il governo ugandese potrà non solo cercare di schiacciare i ribelli di Kony, ma anche esercitare una condizione di potenza nella regione dei Grandi Laghi, rispetto ai vicini Congo e Ruanda”. L?impegno della Commissione diritti umani, ora, è quello di “rilanciare l?urgenza di nuovi aiuti umanitari”, spiega il senatore Pianetta, “e sollecitare l?azione dell?Unione Europea, di un Paese o di un organismo terzo, per giungere alla pacificazione nel territorio. In sede di commissione, nei prossimi giorni avremo un?audizione con il sottosegretario agli Esteri, Luigi Mantica per fare il punto su una situazione che ormai interroga le coscienze di tutti”.

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