Medio Oriente

La beffa degli aiuti a Gaza: entrano solo le briciole

600 giorni dall'inizio dell'orrore nella Striscia di Gaza. Dopo un blocco totale di 11 settimane, dal due marzo al 18 maggio, le autorità israeliane permettono l’ingresso di una manciata di camion con aiuti umanitari. A controllare la distribuzione l'organizzazione americana Gaza Humanitarian Foundation: solo quattro hub di smistamento, di cui tre al Sud della Striscia. Militarizzati e raggiungibili solo dopo molti chilometri a piedi

di Anna Spena

Più di 53mila palestinesi uccisi, tra loro anche più di 20mila bambini. Più di 121mila sono i feriti. Dopo un blocco totale di undici settimane – dal due marzo al 18 maggio – nella Striscia di Gaza le autorità israeliane permettono l’ingresso di una manciata di camion con qualche aiuto umanitario, per lo più farina. I camion passano solo dal valico di Kerem Shalom. Prima del sette ottobre 2023 i camion in ingresso erano 600 al giorno. Siamo lontani anni luce da quei numeri. Le briciole che entrano, rispetto a un bisogno diventato incalcolabile, a volte vengono saccheggiate prima di raggiungere i panifici. Ma non potrebbe essere altrimenti: Israele sta affamando oltre due milioni di persone e usando la fame come arma di guerra. L’ha spiegato bene l’operatore umanitario palestinese Yousef Hamdouna in questa intervista “Nella mia Gaza va in scena la crisi dell’umanità”.

Dal 18 marzo 2025, con l’operazione militare “I carri di Gedeone” Israele ha intensificato i bombardamenti aerei, terrestri e navali sulla Striscia di Gaza, estendendo le operazioni di terra. Questa escalation ha causato centinaia di vittime, la distruzione di infrastrutture civili e massicci sfollamenti, costringendo molti a rifugiarsi in ripari di fortuna sovraffollati a causa della mancanza di luoghi sicuri. L’81% della Striscia di Gaza risulta ora all’interno di zone militarizzate israeliane o soggetta a ordini di evacuazione. 

I palestinesi sfollati in fuga da Beit Lahia nel mezzo delle operazioni militari israeliane in corso nella Striscia di Gaza arrivano a Jabalia, nel nord di Gaza. (AP Photo/Jehad Alshrafi)

«Oggi», ha ricordato Jonathan Whittall, il capo ufficio dell’Ocha nei Territori palestinesi Occupati, «ricorrono i 600 giorni dall’inizio dell’orrore a Gaza. Ieri abbiamo visto decine di migliaia di persone disperate – sotto il fuoco nemico – assaltare un punto di distribuzione militarizzato costruito sulle macerie delle loro case. Secondo quanto riferito, quasi 50 persone sono rimaste ferite e colpite da colpi d’arma da fuoco. Questi eventi dimostrano come la punizione collettiva dei palestinesi continui e l’attacco alla loro dignità umana si stia intensificando».

Nella periferia di Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza, i palestinesi trasportano scatole contenenti cibo e pacchi di aiuti umanitari consegnati dalla Gaza Humanitarian Foundation, un’organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti e approvata da Israele (AP Photo/Abdel Kareem Hana/LaPresse)

Chi la controlla la distribuzione? Non le ong, non le Agenzie delle Nazioni Unite. Ma una fondazione creata ad hoc: la Gaza Humanitarian Foundation. A sostenere questa fondazione, almeno dal punto di vista diplomatico, sarebbero gli Stati Uniti. Ma i finanziatori della nuova realtà, che sarebbe l’unica entità autorizzata da Israele a operare a Gaza, restano sconosciuti. Secondo il piano israeliano, questa fondazione dovrebbe sostituire tutte le attuali 200 organizzazioni che distribuiscono cibo, medicine e altri beni essenziali. Perché questo è un piano criminale e destinato a fallire è facile da intuire: «Il nuovo schema di distribuzione», continua Whittall, «è molto più di un semplice controllo degli aiuti. È una scarsità progettata: quattro centri di distribuzione situati nella striscia di Gaza centrale e meridionale, protetti da appaltatori di sicurezza privati statunitensi, dove i palestinesi che riescono a raggiungerli riceveranno le razioni. Il nuovo modello di distribuzione non può in alcun modo soddisfare le esigenze di Gaza».

Nella periferia di Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza, i palestinesi trasportano scatole contenenti cibo e pacchi di aiuti umanitari consegnati dalla Gaza Humanitarian Foundation, un’organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti e approvata da Israele (AP Photo/Abdel Kareem Hana/LaPresse)

Quindi ricapitolando, solo quattro punti di distribuzione militarizzati, di cui tre al Sud della Striscia, i palestinesi devono camminare per chilometri per raggiungerli, sotto il sole e poi, caricato il pacco sulle spalle, tornare indietro. E per tutti quelli che si trovano al Centro e al Nord? Le operazioni di distribuzione della neo fondazione sono iniziate lunedì 26 maggio in due punti alla periferia di Rafah e nel corso della giornata uno dei due punti di distribuzione ha dovuto interrompere temporaneamente l’attività per far dissipare la calca creata da migliaia di persone palestinesi stremate dalla fame che cercavano di raggiungere il punto di distribuzione.

Islam Abu Taeima, 40 anni, madre di cinque figli. Insieme a un bambino cercano cibo tra un mucchio di rifiuti a Gaza City, domenica 25 maggio 2025. (Foto AP/Jehad Alshrafi/Associated Press/LaPresse)

«L’azione umanitaria cercherebbe di raggiungere tutti i civili, ovunque si trovino, e respingerebbe le misure volte a limitare gli aiuti, invece di accettare queste condizioni in anticipo. Questo nuovo schema è un razionamento basato sulla sorveglianza che legittima una politica di privazione intenzionale. E arriva in un momento in cui la popolazione di Gaza, metà della quale è composta da bambini, sta affrontando una crisi di sopravvivenza», continua Whittall. Le agenzie umanitarie hanno la capacità di contribuire a sfamare Gaza e fornire altri servizi e forniture salvavita e di supporto vitale. Sono pronte a lavorare, sono pronte a consegnare consegnare direttamente alle famiglie gli aiuti. «Ci viene negato questo, perché sembra che l’intenzione di Israele non sia quella di facilitare una risposta umanitaria efficiente su larga scala», chiosa il capo ufficio dell’Ocha.

Al-Arish, una delle warehousad della Mezzaluna rossa egiziana piena di aiuti umanitari che restano fermi sotto al sole.

Intanto tonnellate di aiuti umanitari restano ferme ai valichi e riempiono gli hub umanitari. Come quelli della Mezzaluna rossa egiziana nelle due warehousad ad Al-Arish, a pochi chilometri da Gaza. Due strutture di 30mila e 50mila metri quadrati. «Anche prima del blocco», dice Lotfy s.Gheith, head of operations and strategic communications della Mezzaluna rossa egiziana, «gli aiuti che riuscivamo a far passare non erano sufficienti per due milioni di persone. Erano una goccia rispetto ai bisogni che la popolazione esprimeva». Ma ci tiene e precisa: «Noi siamo pronti a trasportare gli aiuti, il blocco totale è volontà di Israele».

Nella foto di apertura l’immagine di palestinesi che provano ad ottenere cibo donato in una cucina comunitaria a Jabalia. (AP Photo/Jehad Alshrafi/LaPresse)

Si può usare la Carta docente per abbonarsi a VITA?

Certo che sì! Basta emettere un buono sulla piattaforma del ministero del valore dell’abbonamento che si intende acquistare (1 anno carta + digital a 80€ o 1 anno digital a 60€) e inviarci il codice del buono a abbonamenti@vita.it