Non profit
La campagna “lasciti” non è una corsa
Dopo l'inchiesta di VITA dello scorso numero
di Redazione
Philanthropy Centro Studi, grazie alla collaborazione di quattro grandi organizzazioni non profit italiane, ha recentemente svolto un’analisi su 980mila donazioni, e ha dimostrato che l’85% dei lasciti e testamenti (a cui Vita settimana scorsa ha dedicato un’interessante inchiesta) provengono da persone che in passato avevano fatte altre donazioni alla stessa organizzazione.
La ricerca dimostra che in quasi il 75% dei casi, coloro che hanno fatto un lascito avevano fatto la loro prima donazione almeno 4-7 anni prima. Non si può improvvisare un programma di ricerca lasciti e testamenti: bisogna creare una situazione in cui ogni membro (volontario o retribuito) dell’organizzazione non profit conosca l’importanza economica di un lascito per l’organizzazione. Il vero segreto di un buon programma di donazioni è proprio questo. Che tutta l’organizzazione sia dedita a gettare semi. Dalla centralinista al direttore generale, in ogni comunicazione si deve accennare all’importanza economica e morale del fare un lascito per l’organizzazione. Ogni singola comunicazione: ci possono essere adesivi sui telefoni, o fumetti nella sala d’attesa dell’ambulatorio (per le cause sanitarie), riquadri nelle email, una pagina dedicata nelle newsletter cartacee, fino alla creazione di brochure ad hoc. Ma il bello delle campagne lasciti è che potenzialmente costano pochissimo, perché di solito si appoggiano a strumenti e veicoli di comunicazione o di raccolta fondi che si sarebbero fatti in ogni caso. Non sono costi “in più”, sono solo costi figurativi.
La campagna lasciti non è come una corsa di 100 metri, come potrebbe essere una raccolta fondi basata su un’emergenza in atto, dove conta la velocità di esecuzione, al contrario è una lunga passeggiata con il donatore in cui, senza annoiare il compagno di cammino, gli si suggerisce con una voce piana, ma ferma e continua, ciò che per l’organizzazione non profit è vitale.
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