Non profit
La cattiva economia che va cambiata
Un rapporto sui mali dell'economia italiana. A cominciare dal fatto che non dà lavoro ai suoi giovani
di Redazione
Non è solo colpa della crisi. Il fatto è che la crisi «ha ingigantito alcuni dei problemi storici del sistema Italia». Lo dicono le Acli, che hanno presentato oggi, durante il loro 24° Congresso nazionale una ricerca elaborata dall’Iref e intitolata “Cattiva economia”. Uno dei dati sintomatici più eclatanti di questa cattiva economia è il tasso di occupazione dei giovani tra i 25 e i 29 anni con alte competenze (titolo di studio universitario o superiore): in Italia è il più basso tra i paesi europei, pari al 55,6% contro una media dell’80%. In Gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania supera l’85%, in Olanda addirittura il 90%.
Quel è questa cattiva economia? «È quella che non investe sul capitale umano, sull’ambiente, sull’innovazione, non sostiene le eccellenze produttive, non riesce a contrastare inefficienze, illegalità ed evasione fiscale, non punta al riequilibrio demografico, preferisce investire in spese militari piuttosto che contrastare la povertà assoluta». Ecco in dieci punti i sintomi di malattia dell’economia italiana.
IMPRESE. «La crisi ha rivoluzionato la struttura produttiva italiana, indebolendola nella dorsale produttiva», scrivono i ricercatori dell’Iref. Tra il 2009 e il 2011 – afferma l’Iref elaborando dati Movimprese – sono 249.678 le imprese in meno. Nel complesso, il comparto del gusto e del saper fare italiano – eccellenza del nostro Paese – ha perso in tre anni 19.080 aziende, pari al 36,8% delle aziende manifatturiere venute meno.
INNOVAZIONE. Le imprese private italiane investono in ricerca e sviluppo un terzo in meno (0.6% su PIL) di quelle tedesche (1.85%), la metà di quelle francesi (1.27%). Solo le imprese turche (0.32%) tra i principali Paesi industrializzati investono in questo campo meno delle nostre.
SOMMERSO ED EVASIONE. Nel 2000, l’ampiezza dell’economia sommersa oscillava tra i 217 e i 228 miliardi di euro, rispettivamente il 18,2 e il 19,1 per cento del PIL. La percentuale di evasione dell’IVA in Italia è del 22.1%, superata in Europa dalla sola Grecia (30.2%). Due terzi degli accertamenti fiscali realizzati in Italia nel 2010 hanno riguardato persone fisiche, con un importo medio ricavato per accertamento di 7.475 euro. «Si punta sulla quantità dei controlli piuttosto che sulla qualità» scrive l’Iref. «Si interviene sull’ampia base della piramide contributiva, limitando i controlli sulla sommità perché più complessi e laboriosi. Ma i controlli su 460mila “piccoli evasori” hanno prodotto due miliardi in meno degli accertamenti su 2600 “grandi evasori”».
POVERTA’ E SPESE MILITARI. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, nel 2011 l’Italia è il settimo esportatore mondiale di armamenti. Il volume dell’export è in forte crescita, con un +76% rispetto all’anno 2010. Il totale delle transazioni bancarie legate all’import-export di armamenti ha superato i 4 miliardi di euro nel 2009 e i 3 miliardi e mezzo nel 2010. Un contributo di solidarietà dell’1% su queste operazioni – calcola l’Iref – avrebbe fatto ottenere risorse per 40 milioni di euro nel primo anno e 35 milioni di euro nel secondo.
Il contestato acquisto da parte dello Stato dei caccia-bombardieri F35 avrà un costo complessivo di 13 miliardi di euro, 732 milioni di euro all’anno: 4 volte l’ammontare per il 2011 del Fondo nazionale per le politiche sociali destinato alle Regioni. Con i soldi dei caccia si potrebbe finanziarie per 5 anni e mezzo la “nuova social card”, il piano di contrasto alla povertà assoluta presentata dalle Acli al precedente Governo.
ENERGIA. Il 42.1% del fabbisogno di energia è coperto oggi dal petrolio, il 30.1% dal gas, il 27.7% da altre fonti. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), nei prossimi vent’anni l’Italia sarà chiamata a portare a compimento una netta differenziazione delle fonti energetiche, arrivando nel 2030 ad un sostanziale pareggio tra petrolio, gas e altre fonti di approvvigionamento. «L’autonomia energetica italiana passa attraverso la capacità di produrre più energia usando risorse, metodi e strumenti diversi».
INFORTUNI. Malgrado il calo degli ultimi anni, gli incidenti sul lavoro sono ancora più di 800.000 l’anno. Il costo economico degli infortuni, per i soli risarcimenti, è pari a 20,3 miliardi di euro (stime Inail per il 2012). «Il lavoro sicuro – osserva l’Iref – è anche una leva per migliorare l’efficienza del sistema economico».
INVESTIMENTI. L’Italia è nelle ultime posizioni (30° su 34) nella graduatoria degli stati industrializzati per la facilità di fare impresa. La Gran Bretagna è quinta, la Germania tredicesima. Il nostro Paese è al 133° posto nella classifica mondiale per la facilità di pagamento delle tasse. In Italia sono necessarie 285 ore all’anno per pagare le tasse, 99 ore in più della media dei Paesi industrializzati (dati PriceWaterhouseCoopers, Paying Taxes 2012).
CREDIBILITA’ INTERNAZIONALE. Secondo Corruption Perception Index l’Italia è uno tra i paesi europei maggiormente corrotti, superata in questa infelice graduatoria solo da Romania, Grecia e Bulgaria. Secondo il parere degli stessi italiani (registrato dal Global Corruption Barometer), negli ultimi tre anni la corruzione è aumentata anziché diminuire. «L’illegalità e la corruzione – affermano le Acli – sono un ostacolo oggettivo alla rilancio della nostra economia».
RIEQUILIBRIO DEMOGRAFICO. Il rapporto tra popolazione attiva (15-64 anni) e popolazione inattiva (over 65) era pari a 3,7 nel 2000 (Potential Support Ratio). Stando alle previsioni demografiche delle Nazioni Unite, questo tasso di “supporto” potenziale della popolazione attiva nei confronti di quella inattiva scenderà a 2.5 nel 2025, per arrivare a 1.5 nel 2050. «Se non si riesce a contrastare queste tendenze nei prossimi decenni la popolazione attiva si ridurrà al punto da rendere insostenibile il sistema di assistenza pubblica».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.