Cultura
La colf? Straniera e immigrata
Le testimonianze di 400 domestiche intervistate per una ricerca del Cnel
di Redazione
”E’ un Italia, quella vista dalle colf straniere, che si puo’ permettere di viziare i suoi figli, i quali pero’ non sempre rispettano i propri genitori e in cui gli anziani sono spesso considerati un ‘peso”’. E’ questo lo spaccato dell’Italia secondo le testimonianze di 400 colf straniere intervistate per la ricerca del Cnel, Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, ”Le colf straniere: culture familiari a confronto”, realizzata in collaborazione con la fondazione Silvano Andolfi, che mostra un universo fatto di donne in gran parte laureate o diplomate, che da sole mantengono in patria 6-10 persone e che per tre quarti aveva un’occupazione in patria. ”Un’Italia molto libera nell’espressione delle emozioni -continua Maurizio Andolfi nell’illustrare i risultati della ricerca- ma ipocrita verso estranei e stranieri e dove e’ ancora la donna a farsi carico del lavoro nella famiglia”. ”Al Sud prevale un modello familiare caratterizzato da ‘coabitazioni intergenerazionali’ -conclude Andolfi- mentre al nord si interessano di piu’ alla cultura d’origine delle badanti, ma e’ diffusa una cultura del lavoro basata su pianificazione, ordine e disciplina, in cui al lavoratore non si regala niente”.
Questo, in cifre, l’identikit delle collaboratrici domestiche immigrate in Italia, secondo i dati scaturiti da 400 di loro intervistate dal Cnel: il 73,5% delle colf straniere in Italia sono venute da lontano, spinte ad emigrare per bisogno economico, ma non sempre per fuggire da una situazione di precarieta’. Sono donne spesso con un buon livello di istruzione (46,4% studi superiori, 25,3% laurea), solo il 7,1% non ha alcun titolo di studio. Nel paese d’origine ,il 40,2% faceva l’impiegata, il 14,6 la libera professionista, l’1,8% la dirigente, mentre il 10% era casalinga e il 21,5% disoccupata. Hanno scelto di partire per migliorare la loro condizione, per se’ (32,7%) e per aiutare la famiglia e in particolare i figli (66,8%). Per il 75,1% di loro la vita e’ cambiata in meglio: una colf mantiene mediamente, con la sua paga italiana, 6-10 membri della famiglia in patria.
Sono il 69,6% le donne che emigrano da sole, tra nubili e non. Tante di loro si fanno spesso ‘promotrici’ di ricongiungimenti, riuscendo a costruirsi o a ricostruirsi, il proprio nucleo in Italia. Se le filippine sentono che la famiglia per cui lavorano si fida di loro, le rappresentanti di altre culture vivono in un clima di forte gerarchia e subordinazione. Diversa era la situazione nei loro paesi d’origine, dove il rapporto con il datore di lavoro era fiduciario per ben 5 culture delle sette esplorate. La percezione della famiglia che avevano in patria, infatti, e’ da molte idealizzata: si rimpiangono valori e modo di vivere e un ambiente dove la gente e’ piu’ ‘umana’. Ma, prima di partire per il ‘ricco occidente’, anche l’immagine dell’Italia era quella di un posto dove la vita sarebbe stata ‘bella, facile e benestante’. A vivere da piu’ tempo in Italia sono soprattutto le filippine e immigrate provenineti da vari paesi africani ed il 77% di loro ha una posizione regolare, mentre risulta non in regola il 23%. La percentuale piu’ alta di irregolari si riscontra tra peruviane e polacche (40%). E’ inoltre irregolare il 68,3% delle donne che risiedono in Italia da 2 anni, il 38,8% di quelle presenti dai 3 ai 5 anni, il 12,6% dai 6 ai 10 anni e solo lo 0,7% delle immigrate da oltre 10 anni.
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