Cronache russe
La crisi economica in Russia in tre ritratti: Mosca, la Siberia e i villaggi
L'invasione dell'Ucraina fa danni anche all'economia russa, ma il Cremlino non si ferma. Il paese non viaggia alla stessa velocità. A Mosca l'élite continua a vivere un'esistenza confortevole. A Novosibirsk, città più importante e popolosa della Siberia, le persone devono fare i conti con stipendi modesti e prezzi in aumento. Nei villaggi, la situazione è più critica, dominata dalla sopravvivenza, con stipendi minimi che coprono a malapena le necessità primarie

La guerra ancora in corso contro l’Ucraina infligge danni irreparabili all’economia russa. Mentre le autorità di Mosca continuano a trascinare i negoziati di pace, i problemi economici si accumulano. La mobilitazione militare dell’economia ha esaurito le riserve, anche se per ora non si è ancora caduti in recessione. Tuttavia, la produzione civile ristagna o addirittura crolla, mentre cresce solo quella militare. Il deficit di bilancio – aumentato solo a luglio di 1,2 trilioni di rubli (12 miliardi di euro) – ha ormai raggiunto quasi 5 trilioni di rubli (50 miliardi di euro). I rischi per i cittadini aumentano, ma tutto questo non basta ancora a convincere il Cremlino a fermare la guerra.
Cosa significa “consumare alla russa” oggi? Mosca, le grandi città e la provincia vivono in universi paralleli. Nella capitale l’abitudine al comfort è per ora più forte delle preoccupazioni economiche. A Novosibirsk, città più importante e popolosa della Siberia, nella Federazione Russa, le persone sono costrette a oscillare tra il “bisogna” e il “si può”. Nei villaggi non si parla più di scelta, ma di sopravvivenza. I nostri interlocutori ci hanno raccontato cosa mangiano, cosa comprano e cosa aspettano dal domani.
Mosca: vita “come in Europa”
Mosca vive al proprio ritmo, che ha poco a che fare con la quotidianità del resto del Paese. Stipendi alti e un’offerta commerciale ampia creano l’impressione che la crisi sia “da qualche altra parte”. «Se devo essere sincera, io non sento affatto che mancano dei prodotti. C’è di tutto: dal jamón spagnolo alla tecnologia giapponese. Sì, più caro, ma chi vuole trova. Qui a Mosca ci diciamo tutti: ti serve – prendi, non ti serve – passa oltre», racconta Elena, manager. «Compro la carne in un negozio di prodotti agricoli, perché so che è fresca. Al mercato si trova a meno, ma per me conta la qualità. In fin dei conti, risparmiare sulla salute è più costoso», spiega Aleksej, specialista It.
«Sì, i biglietti sono aumentati. Ma se davvero vuoi, un modo si trova. Io e mio marito abbiamo già programmato un viaggio a Istanbul. Non credo che i moscoviti rinunceranno al loro comfort abituale», è convinta Irina, contabile. Nella capitale la crisi si percepisce diversamente. Qui non si parla di “mangiare o non mangiare”, ma di “quale formaggio scegliere” e “quale caffè ordinare al mattino”. I moscoviti discutono della qualità, non della sopravvivenza.
Novosibirsk: equilibrio tra “bisogna” e “si può”
Novosibirsk è un esempio di “via di mezzo”. Ci sono centri commerciali e varietà di scelta, ma le possibilità sono limitate. Il vero stipendio medio, attorno ai 60 mila rubli (600 euro), non permette più di vivere senza continui compromessi.
«Prima compravamo senza guardare i prezzi. Ora il carrello è due volte più leggero, e lo scontrino due volte più pesante. Dalla carne siamo passati al pollo, dal pesce al merluzzo. Nei negozi c’è tutto, ma per noi molte cose sono già un lusso», confessa Aleksandr, ingegnere.
«Tutto su ordinazione. Si deve aspettare un mese, ma se il frigo si è rotto ieri? Ripariamo il vecchio o chiediamo in giro. E un portatile nuovo? Un prestito al 35–40%? È una trappola», dice Maria, insegnante.
«Ai bambini compriamo vestiti da rivenditori che prendono dalle svendite. Non è vergogna indossare l’usato, ma per i figli è importante sembrare “come tutti”», racconta una madre di due bambini. «Una volta ogni tre anni andavamo in Turchia. Ora al massimo si va sugli Altaj o in una casa per ferie sul fiume Ob’. Per i bambini è una festa, per noi solo cambiare aria», dicono i coniugi.
«Le banche chiamano ogni giorno, offrono “soldi facili”. Ma al 38%? Non è credito, è una presa in giro. Meglio chiedere agli amici», dice sicuro Sergej, autista di autobus. La terza città della Russia vive un’altra realtà. L’inflazione si sente in ogni carrello, i prestiti al 40% sono una trappola.
Il villaggio: vita di sopravvivenza
Nelle piccole città e nei villaggi della Russia la realtà è completamente diversa. Qui non si parla di scelta, ma di sopravvivenza. «Il mio stipendio è 20 mila rubli (200 euro). Metà va per luce e legna. Per il cibo restano diecimila. Quali prelibatezze ci si può permettere? La zuppa con i colli di pollo è già una festa», racconta Nikolaj, meccanico della regione di Tomsk.
«Non c’è nulla da scegliere. Tutto standard. Né colori, né modelli. Con i mobili è un disastro: c’è solo il campione in esposizione, e se fai un ordine devi aspettare un mese. E se si rompe oggi?», spiega Anna, insegnante.
«Indosso ancora il vecchio cappotto, è dei tempi sovietici. Uno nuovo è troppo caro. L’importante è che scaldi», ammette Marija, pensionata. «Prima almeno andavamo a Tomsk, a teatro. Ora al massimo andiamo alla fiera nel centro distrettuale. Il resto rimane un sogno», sospira Ivan, abitante di un villaggio. Nella provincia la valuta principale non sono i soldi, ma la possibilità di arrivare a fine mese senza debiti. Qui la crisi è un dato quotidiano, anche le cose più semplici sono preziose.
Tre Russie
Mosca, Novosibirsk e il villaggio sono tre Russia diverse. Nella capitale si vive ancora con lo sguardo all’Europa, a Novosibirsk la vita è un compromesso costante, nei villaggi è pura sopravvivenza. E se a Mosca si discute “quale mercato contadino scegliere”, nei villaggi si pensa a “come arrivare a fine mese”. Ma ovunque si sente lo stesso ritornello: l’aumento dei prezzi divora i redditi più velocemente di quanto le persone riescano ad adattarsi.
Credit foto LaPresse
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