Madri. A Trento una donna, cui era stato consigliato di abortire, si è vista portar via la figlia neonata dal Tribunale dei minori. Sottratta al momento del parto è stata dichiarata adottabile. Apparentemente nella valutazione dei giudici sono entrate anche le condizioni economiche della donna, che non aveva lavoro fisso e un marito accanto a sé. Nonostante le polemiche, i giudici ci hanno tenuto, con un comunicato, a far sapere che era stata fatta cattiva informazione su questo caso. Ma non hanno spiegato bene il perché di una decisione che appare estrema. Davvero si può decidere se una donna deve o no avere un figlio? Le si può suggerire l’interruzione di gravidanza e poi sottrarre figlio o figlia subito dopo il parto? Che mondo, che Stato abbiamo costruito in questi 150 anni, perché si arroghi questi diritti? Se poi è la burocrazia a rispondere, e non la persona, la circostanza diventa ancora più kafkiana, anonima, totalitaria come nei regimi dello scorso secolo. E il fastidio per il clamore e la pubblicità suscitati dal caso insospettisce, ci mette a disagio.
Padri. Quando poi le decisioni dei giudici riguardano le madri (statisticamente vincitrici in molte cause), le cose non migliorano. C’è stato un episodio domenica 12, su cui tutti dovremmo riflettere. Un calciatore, il portiere del Brescia, Matteo Sereni, eroe sportivo della vittoria della sua squadra contro il Palermo, ha approfittato delle interviste tv a fine partita per dire: «Dedico questa vittoria ai miei due figli che non vedo da troppo tempo. E non per colpa mia». Frase asciutta, significato chiarissimo. Sereni è un padre separato, in conflitto con la ex moglie. Solo che lui ha la fortuna di essere un uomo pubblico. Il giusto pregiudizio a favore delle madri spesso travalica il limite del buon senso e i figli diventano arma di ricatto e di violenza contro gli ex mariti. Scompaiono o sono condizionati al tal punto da diventare estranei e lontani.
Figli. C’è anche chi la figlia l’ha persa davvero. È un signore che è apparso nei nostri telegiornali raccontando di cercare sua figlia Francesca, ad Atrani, provincia di Salerno, costiera amalfitana. Dove un maledetto nubifragio settembrino ha portato via, con una frana, mezzo paese e resa dispersa questa giovane barista. Da giovedì 9 Raffaele cerca almeno di riavere il suo corpo. Il suo commento è stato straordinariamente civile: «Non serve a niente arrabbiarsi, dobbiamo accettare quello che è successo e fare in modo che non accada più». Già, perché invece nel nostro Paese siamo abituati a tragedie come queste, quando finisce l’estate.
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