Oggi in ufficio c’è il solito fermento pre-estrazione, si discute su una manciata di parole: 136, banca, casa, figli, solidarietà. Quest’ultima è una parola che stona abbastanza nel tourbillon mediatico di “cosa faresti in caso di vincita”, ma stranamente è un po’ ricorrente in tutti. Mi chiedo perché. Sarà che noi italiani siamo un popolo generoso per natura o sarà perché ci fa paura l’idea di ricevere tanti soldi e sentiamo un certo senso di colpa a prenderceli tutti come se non fosse roba nostra? forse è proprio così. Mi domando se anche questo sentimento faccia parte del gioco perverso che si è innescato ormai da anni sul gioco di stato in Italia. Mi torna in mente la mia infanzia e quindi non posso non pensare all’Aquila, dove ho abitato da 1 a 11 anni. Non ci sono nato ma mi sento aquilano nel profondo. La mia era una famiglia agiata, mio padre un’autorità cittadina, ma di lui mi ricordo solo la sua onestà e di mia mamma la parsimonia. Due qualità (fra i tanti difetti che anche loro avevano) che ben si sintonizzarono con il popolo aquilano. Dicevo della parsimonia di mia mamma, mi ricordo sempre una scena: davanti al cinema Olimpia stavo passeggiando con una spada di legno fatta da lei e incrocio il figlio del dentista con una luccicante spada di plastica (tutta uguale al metallo vero) appena comprata alla Standa. Lei si accorge subito del mio imbarazzo, ma in tutti i modi mi convince che la mia era di gran lunga più bella. Questo episodio di per sé banale fa parte di quei ricordi che si imprimono per tutta la vita e che danno forma alla nostra cultura e carattere. Ritorno al presente unendo questi due pensieri : superenalotto e L’Aquila, sperpero e parsimonia. E sento dentro di me un disagio e una rabbia repressa, questi due pensieri sono oggi due realtà ben presenti nel nostro belpaese, ma cozzano tremendamente fra di loro. Il mio è un ragionamento semplice (o semplicistico?) ma non vuole essere moralistico: che senso ha oggi dopo quello che è successo a L’Aquila giocare al superenalotto? È una pazzia di uno stato che è completamente distante dalle vere necessità dei suoi cittadini. Leggo su un settimanale autorevole che il gioco in Italia muove 50 miliardi all’anno e mi viene da piangere. Se ognuno di noi regalasse 100 euro per L’Aquila si avrebbero a disposizione 6 miliardi di euro per la ricostruzione? Se cominciassimo a non giocare più al superenalotto?
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