Mondo
La Grecia pensi ai greci, non a banche e FMI
La ricetta di Roberto Lavagna, ministro dell’economia dell’Argentina del default
di Redazione

“Sul piano economico, tutto ci accomuna. L’Argentina aveva stabilito una parità fissa tra il peso e il dollaro, mentre la Grecia è legata all’euro, perdendo così ogni controllo sulla sua moneta. Ora, un tasso di cambio che associa paesi con forte produttività ad altri paesi con un competitività molto più debole non può che provocare una crisi”. O peggiorarla.
Se c’è un uomo che l’Unione Europea dovrebbe forse ascoltare è Roberto Lavagna. Quando prese i comandi del ministero dell’Economia argentino nel 2002, il paese sudamericano era sprofondato in una crisi politica, economica e sociale senza precedenti: nei quattro anni precedenti, la Casa Rosada (sede degli uffici della presidenza della Repubblica) si erano susseguiti sei presidenti; il peso era già stato svalutato del 70%; il debito privato sfiorava i 72 miliardi di dollari; l’inflazione era salita a quota 125%. La rovina dei piccoli risparmiatori, assieme alla rivolta dei piqueteros, simboleggiavano lo stato di agonia di un paese massacrato, secondo molti economisti, dai piani di aggiustamento strutturali imposti dal Fondo monetario (FMI).
“Dal marasma economico iniziato nel 1998” ricorda Lavagna in un’intervista al quotidiano francese Libération, “avevamo già applicati due programmi del FMI per un totale di 51 miliardi di dollari. I due programmi sono stati dei fallimenti clamorosi, ma alcuni invocavano un terzo piano di 17 miliardi supplementari”.
Davanti alle pressioni del Fondo monetario, Lavagna decise di prendere il torno per le corna e mandare al diavolo le istituzioni di Bretton Woods. “Ho spiegato al Fondo che non volevamo più prestiti e che saremmo usciti da soli dalla crisi. Ho chiesto un roll over parziale di tutte le scandenze, impegnandomi a pagare gli interessi del debito e una parte del capitale. Ma non tutto e non subito. La nostra volontà di imporre la nostra politica economica era impensabile per l’FMI. Ho dovuto spiegarmi tre volte di fila prima che i suoi rappresentanti finissero per capire la nostra scelta. Abbiamo iniziato a interrompere il sostegno le banche, una strategia che il Fondo ci aveva imposto. Quando abbiamo allungato le scadenze per i proprietari indebitati, i funzionari dell’FMI ci hanno detto che stavamo violando le regole basilari del capitalismo! Ma si erano scordati che le persone in rovina non consumano più, e questo stronca qualsiasi possibilità di rilancio della crescita. I loro funzionari ci avevano addirittura chiesto di privatizzare la Banca della Nazione. Ma siccome eravamo usciti dal gioco, non avevano più i mezzi per fare pressione sull’Argentina!”
“Le uscite di crisi si fanno al di fuori delle strade tracciate dal FMI” prosegue Lavagna. “Questa istituzione propone sempre lo stesso contratto di aggiustamento fiscale: ridurre i soldi da dare alla gente – i salari, le pensioni, gli aiuti pubblici, ma anche i grandi lavori pubblici che generano impiego – per riservare i fondi risparmiati ai creditori. E’ assurdo. Dopo quattro anni di crisi non si può prelevare il denaro alle stesse persone. Ma è esattamente quello che si vuole imporre alla Grecia! Diminuire tutto per dare alle banche. L’FMI si è trasformato in un’istituzione con l’unico scopo di proteggere gli interessi finanziari. Quando un paese si ritrova nella stessa situazione in cui l’Argentina si è trovata nel 2001, bisogna cambiare strategia”
“I soldi prestati” dall’Unione Europea “rischiano di non essere mai rimborsati e oggi il deficit fiscale greco è più elevato di quanto lo sia stato quando la Grecia ha ricevuto la prima ondata di denaro fresco”. Il suo consiglio? “Anziché pagare le banche”, il governo greco “dovrebbe investire nell’educazione, le scienze e la tecnologia, finanziare delle infrastrutture e recuperare un minimo di competitività, non fosse altro nei settori dei servizi o del turismo”.
Ma Atene non sembra intenzionata a seguire questa strategia. Il premier greco, Lucas Papademos, si è detto “molto soddisfatto” dell’accordo raggiunto a Bruxelles dall’Eurogruppo e che prevede aiuti per 130 miliardi di euro. Indovinate chi sedeva affianco a Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo durante la conferenza stampa di presentazione dell’accordo? Christine Lagarde, direttrice del Fondo monetario.
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