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La Guinea Conakry sull’orlo della guerra civile: 60 morti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la testimonianaza di Leni Sorlini, appena rientrata dal paese africano. Alcuni italiani sono ancora bloccati nella capitale

di Redazione

La drammatica situazione in cui si trova la Guinea Conakry (Africa Occidentale), è progressivamente degenerata negli ultimi mesi.

Dopo numerosi scioperi indetti dai sindacati e dall’opposizione per protestare contro lo strapotere del presidente Lansanà Conté (in carica da 23 anni), i continui rincari dei beni di prima necessità e del carburante e per chiedere misure che frenino l’inflazione galoppante, l’ultima grande mobilitazione è stata soffocata nel sangue.
Due settimane di sciopero generale in gennaio si erano consluse con un bilancio tragico: una sessantina di morti e centinaia di feriti.
I sindacati e l’opposizione chiedevano al presidente la nomina di un primo ministro “di consenso”, che lo affiancasse nella gestione del potere fino al 2010, data delle prossime elezioni.

La nomina da parte del presidente di Eugène Camarà, un suo stretto collaboratore, ha scatenato l’ira della popolazione, che sabato scorso 10 febbraio si è nuovamente riversata per le strade, in tutte le città del paese, per chiedere che Lansanà Conté lasci definitivamente la presidenza.

La risposta è stata di repressione totale: LAnsanà Conté ha chiuso le emittenti nazionali e le sedi dei giornali, arrestato e incarcerato gli esponenti sindacali e dell’opposizione che hanno guidato la protesta, imposto la legge marziale e venti ore al giorno di coprifuoco.

Si ha notizia di numerose vittime, di barricate, saccheggi, assalti e devastazioni.
Il rischio che la già tragica situazione degeneri in una lunga guerra civile è molto alto.
Testimonianze dirette insinuano, tra l’altro, che gli scontri stiano prendendo anche una connotazione “etnica”, di contrapposizione fra sussu e peul.

Sul territorio, e soprattutto nella capitale Conakry, sono inoltre presenti numerosi stranieri, fra cui degli italiani, che non riescono a lasciare il paese perché è stata cancellata la maggior parte dei voli internazionali.

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