Un libro che ha rotto il più grande tabù della società marocchina. Storia di una donna che fugge dal marito che non le ha mai dato la felicità sessuale. Per fortuna della protagonista, le pagine alla fine traboccano di erotismo…di Imane Barmaki
«Nessuna creatura di Dio potrebbe sopportare di udire tante oscenità sulle labbra di una donna». La Mandorla di Nedjma è un libro erotico, un atto politico, che rompe il più grande tabù della società marocchina: raccontare, senza mezze parole e senza veli, il rapporto con il proprio corpo e con il corpo altrui, attraverso le esperienze di piacere.
«Questo racconto è innanzitutto una storia di anima e di carne. Un amore che si dichiara, spesso crudamente, che non tiene conto di alcuna morale, salvo quella del cuore. Attraverso queste righe, mescolanza di sperma e di preghiera, ho tentato di abbattere le barriere che oggi separano il celeste dal terrestre, l’anima dal corpo, la mistica dall’erotismo. Solo la letteratura possiede l’efficacia di un’arma fatale. Ne ho quindi fatto uso. Libera, brutale ed esultante. Con l’ambizione di ridare alle donne del mio popolo quella voce che è stata loro confiscata da padri, fratelli, mariti».
È la testimonianza della protagonista Badra che, all’alba dei suoi 50 anni, ha deciso di raccontare tutti i suoi peccati, di percorrere la strada della felicità che le è stata negata per anni quando le è stato imposto il matrimonio con Hmed. «Hmed aveva 40 anni. Io ne avevo appena compiuti 17. Era notaio, e il titolo gli conferiva un potere spropositato agli occhi dei compaesani: era lui a farli esistere nei registri statali! Si era sposato due volte, e aveva ripudiato le sue mogli perché erano sterili».
Badra non ha mai amato suo marito ma aveva creduto che sarebbe servito a renderla una donna, a coprirla di attenzioni, di baci e di abbracci. Ma suo marito è stato solo capace di cancellare ogni emozione positiva in lei, anche le sue risate. Dopo tre anni di matrimonio, in cui non ha mai conosciuto il piacere del sesso, suo marito ha perso le speranze di avere un figlio da lei e ha smesso di toccarla.
Badra decide a quel punto di prendere in mano la sua vita e di fuggire da quell’inferno in cui viveva, dove la donna non ha diritto ad essere felice: «Sono scesa a Tangeri dopo otto ore di viaggio e non era stato un colpo di testa. La mia esistenza andava dritta verso la catastrofe, come un carro funebre ubriaco, e per salvarla non avevo altra scelta che salire sul treno…»
A Tangeri Badra incontra l’uomo che ha segnato e tracciato il corso del resto della sua vita, l’uomo che le ha donato il suo stesso corpo, che le ha permesso finalmente di scoprirsi felice: «La felicità? È fare l’amore per amore. È il cuore che rischia di scoppiare a forza di battiti, quando uno sguardo insostituibile si posa sulla vostra bocca, quando una mano lascia una traccia di sudore dietro al ginocchio sinistro. È la saliva dell’essere amato che vi scivola in gola, zuccherata e trasparente. È il collo che si allunga, che si libera delle contrazioni e della fatica, che diviene interminabile perché una lingua ne percorre tutta la lunghezza. È il lobo dell’orecchio che pulsa come bassoventre. È la schiena che delira e s’inventa suoni e brividi per dire ti amo. È la gamba che si alza, consenziente, le mutandine che cadono come una foglia, inutile e fastidiosa».
Nedjma non è il vero nome dell’autore o dell’autrice di questo libro. Si sa solo che questa persona è nata in Marocco e che vive da qualche parte nel Maghreb, non ha mai mostrato il suo volto perché si dice che penda una fatwa su di lei. La scelta del nome Nedjma non è casuale. È il nome della protagonista del romanzo Nedjma di Kateb Yacine. Il romanzo descrive attraverso una narrazione allegorica la storia di una donna amata e contesa da quattro uomini, un’immagine trasparente dell’Algeria del 1956 di cui l’autore o l’autrice di La Mandorla fa uso.
La Mandorla è romanzo che rappresenta il corpo della donna, in particolare la sua vagina, come unico strumento dell’emancipazione femminile. Forse è un po’ troppo riduttivo! Sicuramente, con questo romanzo Nedjma ha voluto sottolineare aspetti che, grazie alla tradizione, sono diventati tabù: «Il profeta», come ha spiegato in un’intervista a un giornale francese, «adorava le donne e nei libri di teologia musulmana ci sono interi capitoli che parlano solo di sensualità, ma la tradizione è stata pervertita dagli integralisti. Gente che ha confiscato la mia religione. Trovo ridicolo che la stessa civiltà che rideva e faceva l’amore così bene qualche secolo fa, oggi sia diventata incapace di amare, di godere».
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