Mobilitazioni
La marcia degli israeliani per il pane dei palestinesi
Nella Striscia di Gaza il governo israeliano uccide i palestinesi con le bombe ma anche con la fame. Ma c'è una parte della società civile israeliana che prova a contrastarlo. Il 22 luglio centinaia di persone sono scese in piazza per la "marcia della farina", organizzata dal movimento Standing Together. «Il genocidio va fermato», dicono. «Il governo di Netanyahu sta trasformando la fame in un'arma. Sta facendo morire di fame milioni di persone in nome nostro, con i nostri soldi, e cerca di mettere a tacere chi si oppone: marciamo perché non è tempo di stare in silenzio»
di Anna Spena

Nella Striscia di Gaza, il governo israeliano uccide anche con la fame. Dall’inizio della guerra 101 persone sono morte a causa della malnutrizione, 80 erano bambini. Solo il 22 luglio sono morte 15 persone in un giorno, tra loro quattro erano bambini.
Sono cinque mesi ormai che Israele ha imposto un blocco totale alla Striscia. Intanto dall’altro lato una parte della società civile israeliana continua a denunciare e combattere contro il governo di Netanyahu. La “fase cinque” nell’indice di malnutrizione, rappresenta quella più grave. «Ciò significa che intere regioni, specialmente nel nord di Gaza, sono in uno stato di carestia catastrofica», denuncia Standing Together, un movimento che mobilita i cittadini ebrei e palestinesi di Israele alla ricerca di pace, uguaglianza e giustizia sociale.
Ieri sera, 22 luglio, gli attivisti del movimento hanno organizzato una “marcia della farina”. In centinaia hanno sfilato per le strade di Tel Aviv con in mano i sacchi di farina e le foto dei bambini che a Gaza stanno morendo di fame. «La nostra voce è stata chiara: stop alla fame. Fermate il genocidio», dicono dall’organizzazione. «La maggioranza dell’opinione pubblica è favorevole al cessate il fuoco e all’accordo per il rilascio degli ostaggi. Siamo contro l’assedio, i bombardamenti e le sofferenze inimmaginabili che sta subendo il popolo palestinese. Davanti a un governo di minoranza che sta portando al disastro, noi mettiamo avanti il partenariato, la responsabilità e la solidarietà ebraico-araba. Continueremo ad agire fino a quando i crimini di guerra non cesseranno. Le nostre voci non si indeboliranno, ma cresceranno, più chiare e forti». Perché: «I bambini stanno già morendo di fame, le famiglie vivono da giorni senza cibo e questo non dipende da una catastrofe naturale. Questo è un prodotto della politica. Il risultato di una scelta deliberata del governo di Netanyahu. Non è “solo” una crisi umanitaria. È punizione collettiva attraverso la fame. Il governo di Netanyahu sta trasformando la fame in un’arma. Sta facendo morire di fame persone in nome nostro, con i nostri soldi, mentre cerca di mettere a tacere chi si oppone. Marciamo perché non è tempo di stare in silenzio. Il genocidio va fermato, i palestinesi e la società israeliana vanno salvati. Tutta la farina raccolta sarà donata alle persone che ne hanno bisogno in Cisgiordania».
Da maggio Israele ha permesso l’arrivo di una piccola quantità di aiuti (lo abbiamo raccontato qui La beffa degli aiuti a Gaza: entrano solo le briciole) soprattutto attraverso la controversa Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), sostenuta dagli Stati Uniti. Ma in queste “operazioni” di distribuzione le forze israeliane hanno ucciso, nei pressi dei punti di distribuzione, più di mille persone in attesa di cibo e acqua. Ormai oltre due milioni di palestinesi vivono dentro «uno spettacolo dell’orrore» come l’ha definito il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. «La fame bussa a ogni porta e ora stiamo assistendo all’ultimo respiro di un sistema umanitario costruito su principi umanitari. A questo sistema viene negato lo spazio per funzionare, viene negato lo spazio per operare, viene negata la sicurezza per salvare vite umane».
E infatti nessun luogo è più sicuro a Gaza, neanche quello dove sono concentrati, e Israele lo sa, le basi di ong e Nazioni Unite: qui lavorano anche gli operatori umanitari internazionali. Solo due giorni Deir el-Balah, una città considerata l’ultima area relativamente sicura nella Striscia, è stata assaltata, (lo abbiamo raccontato in questo pezzo Gaza, l’inferno a Deir al Balah. Le bombe non risparmiano nessuno: né i bambini né gli operatori umanitari italiani). Israele ha bombardato anche la warehouse dell’organizzazione mondiale della sanità. Ormai nella Striscia di Gaza «nessuno è risparmiato: anche gli operatori sanitari a Gaza hanno bisogno di cure», come ha scritto su X Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Unrwa. «Medici, infermieri, giornalisti e operatori umanitari hanno fame. Molti stanno svenendo a causa della fame e della stanchezza mentre svolgono il loro lavoro: denunciare le atrocità o alleviare alcune delle sofferenze». Lazzarini ha affermato che la ricerca di cibo a Gaza è diventata rischiosa quanto i bombardamenti e ha definito i programmi della Ghf «una sadica trappola mortale. I cecchini sparano a caso sulla folla come se avessero il permesso di uccidere».
Credit foto Standing Together
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