Mondo
La pace chiede tanta forza
Un film tutto incentrato su una coabitazione forzata tra soldati israeliani e una famiglia palestinese. Intervista a Saverio Costanzo (di Alice Meraviglia).
di Redazione
«Ci vuole pochissimo male per far tantissimo male, ci vuole un?enormità di bene per fare pochissimo bene». Cita Lars Von Trier, Saverio Costanzo, 29enne documentarista, figlio di Maurizio, per parlare di Private, il suo primo film che sta riscuotendo un grande successo nelle sale italiane, una storia di finzione sulla convivenza forzata tra i componenti di una famiglia palestinese e i soldati israeliani. Finzione che prende spunto da una storia vera, a dimostrazione che nei territori occupati non esista solo una intifada armata, ma anche una pacifica. Una resistenza quotidiana, sociale e civile, che può perfino diventare privata, se l?occupazione ti arriva in casa (private, in inglese, significa sia soldato sia privato). L?importante è non rinunciare, perché chi fugge e diventa profugo, «non è», dice il padre palestinese. «Lasciare casa significa perdere la dignità e consegnare me stesso e la mia famiglia all?odio per gli israeliani».
Vita: Un film sulla convivenza possibile. Eppure dopo la prima proiezione al Festival di Haifa alcuni quotidiani israeliani hanno avuto una reazione indispettita?
Saverio Costanzo: Sostenevano che non ci fosse bisogno di uno straniero che venisse a spiegar loro come funzionano le cose. Io la ritengo una critica sterile, perché il film ha molti limiti, ma le persone di buonsenso hanno capito e anche in Israele è stato apprezzato. È una questione politica. Chi vuole restare sulle proprie convinzioni senza guardare oltre, non potrà mai coglierne il senso profondo: raccontare una guerra che non è fatta di carnefici e vittime, ma di sole vittime. È la malafede che porta ad attaccare politicamente una pellicola, che, per definizione, vuole essere apolitica.
Vita: Questa stretta convivenza professionale ha cambiato gli attori?
Costanzo: Gli attori arabi sono persone che abitano in Israele non nei territori occupati. Sono palestinesi di origine, ma con passaporto israeliano, perciò avevano già avuto occasione di convivere sulla scena. Non certo in un film contro l?occupazione dei territori, che parla apertamente di occupazione. La condivisione del tempo e dello spazio ha provocato in ognuno di loro dei piccoli traumi. I principali momenti di tensione si creavano durante le riprese notturne, quando queste due entità si scontravano: lì si sentivano le tensioni insite nell?essere israeliano e nell?essere palestinese.
Vita: Simone Bitton definisce il suo documentario Il muro un atto di resistenza. Che cosa hai voluto dire con Private?
Costanzo: Che ci vuole cultura, saggezza e soprattutto grande capacità nel resistere alle tentazioni del male, che in qualche modo sono le risposte alla violenza. Il finale amaro appartiene poi alla verità storica, quella dei fatti. È un film che spiega quanta determinazione e grandezza umana siano necessarie per resistere in quel modo, ma anche quanto tutto questo sia vano nel momento in cui gli errori umani intervengono e rendono vane le imprese fino ad allora tentate.
Alice Meraviglia
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