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La parola/ Tfr

Alter Ego/ Un acronimo che tutti hanno letto sui quotidiani in questi giorni di “passione” da Finanziaria...

di Redazione

Tfr, un acronimo che tutti hanno letto sui quotidiani in questi giorni di ?passione? da Finanziaria. Tfr, ovvero l?insieme delle retribuzioni erogate nel corso dell?anno: prendete il totale e dividetelo per 13,5, avrete la cifra che, accantonata e rivalutata anno per anno sulla base di indici Istat, corrisponderà il vostro Tfr. Tre consonanti di seguito che già di per sé risultano aspre da pronunciare e poi, venendo associate alle pensioni da governo, sindacati e imprese, è difficile da digerire. Tfr, iniziali che stanno per Trattamento di fine rapporto, una triade di parole che non mette di buonumore né l?operaio, né l?impiegato e men che meno chi è stato almeno per una volta piantato in asso da moglie o fidanzata. Trattamento di fine rapporto, roba da scongiuri. Tfr che, nel gergo spiccio di tutti i giorni, scade nel lucubre, nel lombrosiano verbale, nel killeraggio psicologico che spesso porta alla psicosomatologia e non lascia vie di fuga, né possibilità di un domani, seppur breve e cadùco: liquidazione. Altra parola da brividi, da ?soluzione finale?, meglio associarla a ?saldo?, magari saldo di fine rapporto, oggi più di ieri, visto che saremo nelle mani dell?Inps. Tfr, quando gli ultimi anni di vita di chi ha lavorato per decenni vengono trasferiti, spostati, estratti, scissi dall?humus lavorativo e dunque intimo della persona per finire nelle mani estranee, lontane e così spesso bucate dello Stato. O in quelle di imprecisati fondi pensione che, si spera, non finiscano fra trent?anni, anch?essi, in liquidazione o, con un periplo di parole in cui si rischia di perdersi, in Tfr

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