Welfare

La politica sia capace di mettersi in mezzo

La testimonianza di Jean-Léonard Touadi nel centro jonico come mediatore

di Redazione

Venerdì 8 gennaio, vedendo le immagini di quanto succedeva a Rosarno, mi sono detto che dovevo andare da quei lavoratori immigrati, africani come me. Sentivo di dover provare a mediare tra loro e la città, tra due diverse rabbie, sentivo che era mio dovere cercare di capire andando sul posto. Sono partito dicendomi che se la politica non ha la capacità di stare nei luoghi della contraddizione e di mettersi in mezzo ai problemi, difficilmente riuscirà ad intercettare quello che realmente avviene nella società. Non si legge la realtà da un salotto tv.
Così sono partito per Rosarno, 16mila abitanti, 5mila immigrati (oltre agli africani moltissimi cinesi), terza città d’Italia per densità di stranieri. A Rognetta e all’Ex Opera Sila mi sono trovato in mezzo alla rivendicazione di due diritti, quello alla sicurezza e quello alla dignità che si fronteggiavano con una rabbia ispessita da due giorni di guerriglia. Ho visto le baracche dove vivevano gli immigrati, la mancanza di minime condizioni igienico-sanitarie. E quando sono andato all’Ex Opera Sila ho avuto paura entrando scortato tra due schieramenti che si fronteggiavano con urla e bastoni. Incontrando questi lavoratori immigrati ho voluto dir loro due cose. La prima è che io ero lì per far sentire loro la mia vicinanza e la mia solidarietà umana. La seconda cosa che ho detto loro è che noi, come popolo nero, come africani, apparteniamo a una storia di sofferenze ma che le nostre vittorie le abbiamo conquistate sia come schiavi in America per i diritti civili, sia nella lotta all’apartheid in Sud Africa, quando abbiamo abbracciato la strada della nonviolenza. Per questo ho parlato loro di Luther King e Mandela. E mi hanno commosso. In quel clima tesissimo, mi hanno ascoltato come in Africa si ascolta un amico più grande che dà qualche consiglio. Erano però pieni di paura, preferivano andar via.
Incontrando gli uomini di Chiesa, una realtà che anche in questa occasione ha mostrato di essere un punto di presenza e ragionevolezza, il parroco e don Pino Demasi, mi ha colpito una loro considerazione. «Vede», mi hanno detto, «è come se il buon cuore e la generosità della gente, di tanta gente di Rosarno si fossero di colpo dissolti. Lo sa perché? Se la generosità non è seguita da politiche di inclusione che prevedono mezzi finanziari e strumenti, alla lunga non regge». Questa considerazione dovrebbe insegnare qualcosa alla politica: una vicenda sociale così delicata come l’immigrazione va tolta dal mercato elettorale per cercare risposte ragionevoli, realiste. Per esempio, mi ha colpito che la proposta del marchio etico sui prodotti agricoli sia venuta da Luca Zaia, un ministro leghista. Mi ha colpito il fatto che sia venuta da lui e non da associazioni impegnate nel settore agricolo o che lavorano sui diritti degli immigrati. Perché, dobbiamo riconoscerlo, se in una città accogliente come Rosarno succede quello che è successo vuol dire che si è sbagliato tutti.

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