Non profit

La risposta c’è, il “locale positivo”

Johnny Dotti: «Ma si vede qualche segnale di cambiamento»

di Redazione

«Sottoscrivo la diagnosi del Censis: ha fatto una registrazione corretta di un fenomeno già evidente, ma sono in corso alcuni cambiamenti». A parlare è Johnny Dotti, amministratore di Welfare Italia ed ex presidente del Gruppo cooperativo Cgm.
Vita: A quali cambiamenti pensa?
Jonny Dotti: A micro-sperimentazioni, realizzazioni che non hanno ancora rilevanza ma sono significative della vitalità dei territori, di quello che il Censis stesso definisce «il locale positivo». Mi riferisco a innovazioni di progetto o a cambiamenti di governance. In alcune realtà di terzo settore, per esempio, sono entrati istituti di credito, soggetti profit; altri hanno creato partnership con enti locali. Sono esperienze a macchia di leopardo, ma ci sono.
Vita: E faticano a trovare spazi?
Dotti: Sì, perché ha ragione il Censis: le corporazioni esistono e mettono spesso i bastoni fra le ruote del cambiamento. Ma c’è un’altra difficoltà. Ed è quella di mandare a sistema questi esperimenti, facendoli diventare massa d’urto, capace di creare un vero cambiamento culturale e di pratiche.
Vita: Benedetta frammentazione…
Dotti: Attenzione. Non riguarda solo la società. Non si frammentano solo i bisogni sul versante della richiesta dei cittadini, ma anche la capacità delle organizzazioni di fare massa critica. Su questi temi Welfare Italia sta lavorando con la McKinsey.
Vita: Servono più leggi?
Dotti: No, non è questo il punto. La normativa è condizione necessaria ma non sufficiente. Come le risorse. Oggi nel complesso il terzo settore ha molte più risorse di dieci anni fa, ma non produce innovazione maggiore. Quel che serve è l’elaborazone culturale. Il processo di istituzionalizzazione del non profit ha portato pochissimi elementi di novità, mentre – d’altra parte – lo Stato ha continuato a svolgere una funzione di distributore e regolatore di forniture.
Vita: Può fare un esempio concreto?
Dotti: Il consorzio Pan, che Cgm ha contribuito a fondare, ha realizzato un certo numero di asili nido. Un’esperienza positiva, condotta assieme ad altre reti sociali e a un istituto di credito, che non ha cambiato la logica governativa che continua a essere quella dei fondi…
Vita: La cooperazione sociale non ha niente da rimproverarsi?
Dotti: Da anni affermo che dobbiamo parlare al plurale: le “cooperazioni sociali”, di cui un buon 50% non è che strumento di esternalizzazione di servizi. Infatti non è stata capace di dire che l’assistenza andrebbe trasformata su progetto e non inquadrata sul costo orario.

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