Mondo
La sostenibilità ce la insegnano gli indigeni
L'ONU celebra la Giornata Mondiale delle Popolazioni Indigene, indicandole come buon esempio di quilibrio tra sviluppo e tutela dell'ambiente. Ma la loro esistenza è sempre più sotto scacco, denuncia ACRA
di Redazione

Non una tutela da "riserva indiana". Ma il rispetto e la valorizzazione di culture non omologate e che – nella loro resistenza alla modernità spinta – hanno sviluppato modelli virtuosi di sviluppo sostenibile.
È questo uno dei temi caldi con cui il Segretario Generale dell'ONU, Ban Ki-moon, apre oggi la Giornata Mondiale delle Popolazioni Indigene, che ha come tema: ''Media Indigeni, diamo piu' potere alle Voci Indigene''.
Ovvero, la necessità di aiutare quei 300 milioni di persone nel mondo che appartengono a comunità autoctone, distribuite in più di 70 paesi e in oltre 5.000 diversi gruppi (molti dei quali sono a rischio di estinzione) a "farsi sentire". «Utilizziamo i media, indigeni e non-indigeni, e soprattutto le nuove opportunità per creare ponti e costituire un mondo veramente interculturale, dove la diversita' sia celebrata; un mondo in cui culture differenti non solo coesistano, ma si apprezzino per i reciproci contributi e per il loro potenziale», sollecita il numero uno dell'ONU. Perché proprio da queste voci che arrivano da mondi (apparentemente) lontani dai nostri possono arrivare soluzioni ai grandi problemi della contemporaneità. Sul fronte della tutela ambientale, per esempio.
«La comunità internazionale ha acquisito coscienza della necessità di sostenere le popolazioni indigene, rinforzandone la speciale opera di tutela che prestano rispetto a questioni ambientali e cambiamento climatico», ha dichiarato Ban Ki-moon: «Grazie alla loro ricchezza cognitiva rispetto all’ambiente in cui vivono, possono e devono giocare un ruolo fondamentale nello sforzo globale di reagire al cambiamento climatico; dovremmo prestare loro ascolto».
Un riconoscimento importante per tutte queste comunità quotidianamente minacciate, nei propri Paesi, da pressioni e interessi economici che insistono sulle loro terre (petrolio, piante medicinali, legname, pascoli) e da sistemi culturali egemonici che tendono a omologare il diverso, mettendone a rischio la sopravvivenza. E con loro rischiano di scomparire i saperi, le tradizioni, le capacità che da millenni costruiscono la loro civiltà.
A tenere alto l'allarme su questo rischio è ACRA, impegnata da anni in Ecuador, nei territori delle popolazioni amazzoniche autoctone degli Achuar, che sottolinea come la Giornata Mondiale delle Popolazioni Indigene deve essere «l'occasione di riflettere ancora una volta sulle specificità e sull'importanza del nostro lavoro, e del lavoro tutte le realtà non profit che come noi operano al fianco di popolazioni indigene nel mondo; impegno che presuppone una forte cognizione di causa e una propensione ad abbandonare pregiudizi e soluzioni precostituite».
Due in particolare i "patrimoni" da tutelare. «Primo, l'identità culturale, le tradizioni, la sensibilità delle popolazioni indigene, che sono profondamente differenti dalla cultura – chiamiamola così – occidentale», spiega Matteo Ippolito, di ACRA. Secondo patrimonio «essenziale e sempre più minacciato è la terra su cui vivono. Le popolazioni indigene», sottolinea Ippolito, «faticano a vedere riconosciuti i loro diritti ancestrali sui territori che abitano. La terra non è solo essenziale per la sopravvivenza delle popolazioni indigene: per molte di loro ha anche un profondo significato spirituale. Aiutare le popolazioni indigene ad affermare i propri diritti sui territori in cui vivono dai tempi dei loro avi e sulle risorse naturali che essi contengono è quindi una priorità impellente».
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