Cultura

La speculazione del maiale

Dalla stalla alla braciola i prezzi aumentano di 5 volte

di Redazione

Dalla stalla alla tavola, dal maiale alla braciola i prezzi aumentano di almeno cinque volte per effetto delle distorsioni che si verificano nel passaggio. Risultato: gli allevatori sono costretti a chiudere le stalle e i consumatori a rinunciare alla carne. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti che ha portato i maiali davanti a piazza affari a Milano per denunciare le speculazioni sul cibo. Gli allevatori di maiali – denuncia la Coldiretti – sono stretti nella morsa dell’aumento dei costi di produzioni con le speculazioni sulle materie prime che hanno determinato rincari del 17% dei mangimi e delle distorsioni di filiera che sottopagano il prodotto ad appena 1,4 euro al chilo mentre la braciola di maiali viene venduta mediamente a 6,85 euro al chilo, secondo le elaborazioni sui dati sms consumatori.  

Il risultato è che per ogni euro speso per l’acquisto di carne di maiale appena 15,5 centesimi arrivano all’allevatore, 10,5 al macellatore, 25,5 al trasformatore e ben 48,5 alla distribuzione commerciale. Una analisi che dimostra come nella forbice tra prezzi alla produzione e al consumo c’è – secondo la Coldiretti – un sufficiente margine per garantire una adeguata remunerazione agli allevatori e non aggravare i bilanci delle famiglie.

E per Coldiretti c’è un concreto rischio di estinzione per gli allevamenti italiani e con essi dei prodotti della norcineria nazionale dalle tavole degli italiani con ben 33 prodotti che hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine: dal prosciutto di Parma al san Daniele fino culatello di Zibello.
La carne di maiale fresca o trasformata è la più acquistata dagli italiani che ne consumano ben 37,2 chili a testa ma in dieci anni – sottolinea la Coldiretti – si è praticamente dimezzato il numero delle stalle italiane (- 85%) che è passato dai 193mila del 2000 alle 26mila attuali dove si allevano 9,3 milioni di maiali soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto ma anche l’Umbria e la Sardegna sono regioni vocate. Nel 2010 l’Italia – precisa la Coldiretti – ha importato quasi un milione di maiali dall’estero (+22% rispetto al 2009) e oltre un milione di tonnellate di carne di maiale (+12%).
 
Questo significa che oltre un terzo (34%) della carne di maiale, salumi o prosciutti consumati in Italia è stata in realtà ottenuta da maiali allevati all’estero. Una situazione che rischia di aggravarsi con effetti anche occupazionali nella filiera della carne suina dove – conclude la Coldiretti – lavorano in Italia circa 120mila gli addetti tra allevamento, macellazione, trasformazione e distribuzione.

 

In foto un operatore di borsa con in braccio un maialino consegnato dagli allevatori della Coldiretti che hanno manifestato a Milano davanti Piazza Affari

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