«Siamo di fronte a un degrado morale gravissimo, che porta molte ragazze a una monetizzazione sfrenata del proprio corpo. La colpa? Di chi lancia certi messaggi sui media, televisione in primis». Usa parole dure ma più che ragionate Gigliola Graziani, 76 anni, di cui 56 passati a occuparsi di giovani “in prima linea”, prima come insegnante, poi, da 30 anni a questa parte, come direttrice della casa famiglia Kinderheim di Genova, struttura venuta alla ribalta per essere il luogo in cui da giugno a ottobre 2010 ha vissuto Karima “Ruby” El Maghroub, la 18enne marocchina al centro delle torbide vicende sessuali che coinvolgono il premier Silvio Berlusconi.
In che cosa le sembra più evidente il degrado morale di cui parla?
Nei corpi perfetti che vengono esibiti in tv a tutte le ore. Nelle riviste che giocano sul “vedo non vedo”. In trasmissioni come il Grande fratello, dal quale arriva il messaggio che è più facile il guadagno attraverso l’uso del proprio corpo piuttosto che la fatica di studiare o lavorare. È un ribaltamento dei valori a cui non avevo mai assistito prima: solo 7/8 anni fa era diverso, si poteva lavorare con successo sulla coscienza di sé, sul crearsi un progetto di vita. Oggi è molto più difficile, lo noto sulle giovani che seguo tutti i giorni.
Come vivono queste ragazze la vicenda della loro coinquilina Ruby?
Un’adolescente cerca di continuo legami affettivi e il corpo è un mezzo in tal senso. C’è chi lo utilizza per trovare l’amore, chi per altre finalità, come nel caso di Ruby. L’aspetto positivo di questa storia è che le ragazze del Kinderheim l’hanno inquadrata subito, definendola una prostituta, per prenderne le distanze. Lei cercava di accattivarsele, ma le dicevano: «Fatti pure la tua vita, a noi non interessa». È chiaro che, nonostante le volte in cui è fuggita (dieci in quattro mesi, ndr), provo tenerezza per lei e troverà sempre la porta aperta, ma è importante che non sia diventata un modello per le altre.
Ha cresciuto centinaia di ragazze allontanate dai genitori. Che ruolo ha l’adulto oggi?
È direttamente responsabile della deriva giovanile: se vive senza limiti e spinge i figli a fare ogni cosa in nome del dio denaro, come può passare loro dei valori sani? Dovrebbe invece valorizzare le capacità personali, stimolare al rispetto anziché alla prevaricazione. È un lavoro lento ma che alla fine premia, ne sono testimone: sono molte le persone che, anni dopo essere state ospiti del Kinderheim, tornano a ringraziarci per «aver insegnato loro a farsi accettare dagli altri così come sono».
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