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La tragedia dei profughi in Somalia

Amnesty International: è in corso uno sfratto di dimensioni grandiose dai campi di accoglienza, in spregio dei diritti umani

di Redazione

Amnesty International è intervenuta per denunciare un episodio gravissimo in Somalia: lo sfratto forzato, con ripetute  «violazioni dei diritti umani su larga scala» di decine di migliaia di persone dai campi profughi della capitale Mogadiscio. Tra le violazioni a cui fa riferimento l’Associazione, due persone che sono state uccise durante le proteste.

Circa 370.000 persone vivono nei campi, fuggite dalla siccità, dalla carestia e dalle lotte. Per difendere i propri diritti, starebbero ‘ostacolando’ il progetto del governo di ricostruzione della città. 
La voce di Amnesty non si è levata per criticare il piano di per sé, ideato dalle autorità per trasferire gli sfollati alla periferia della città. «La delocalizzazione poteva assumere dei contorni positivi», ma solo se  «avesse rispettato la sicurezza, i diritti fondamentali e i bisogni di base» degli sfollati. Questo non è avvenuto, conclude l’Organizzazione, sottolineando i limiti di un piano «intrinsecamente imperfetto». 
 
I funzionari si difendono come possono, sottolineando che Amnesty «non conosce la verità dei fatti» e giustificano le rimozioni  definendole «necessarie per la sicurezza, nonché per l'immagine della città». Il portavoce del governo locale Mohammed Yusuf chiarisce, in un’intervista al BBC Newsday, la liceità dell’intervento: «Il governo ha il diritto di reclamare terreni e fabbricati, in modo da poter offrire il servizio pubblico che è necessario». A tal fine, prosegue, «invitiamo queste persone a porre l’interesse nazionale prima dell’interesse individuale». 
 
Il rapporto di Amnesty però, come detto, non si sofferma sulla legittimità degli interventi governativi, bensì sulle conseguenze della durezza repressiva:  il 14 agosto,  quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco su chi protestava contro lo sgombero di un grande insediamento ,un bambino di otto anni e una madre di nove bambini hanno perso la vita e molti altri residenti sono stati feriti.
“I bulldozer hanno distrutto i nostri rifugi, lasciandoci senza un posto dove andare”, questo è il quadro fosco descritto dai residenti ad Amnesty. I delegati dell’Associazione, dopo aver visitato la zona il 21 agosto, hanno riferito di avere la prova di un gran numero di ripari recentemente distrutti.
 
A questo si aggiunga l’anarchia generale che regna nei campi. La Ong  Human Rights Watch ha ricevuto alcune segnalazioni di donne che, sfollate a Mogadiscio, lamentavano di essere state vittime di stupri di gruppo. Inoltre, sempre dando credito alle parole dei residenti, i gestori dei campi –spesso in combutta con le milizie- si appropriano del cibo e di altri aiuti.
 
Questo accade in Somalia, il Paese con la più grave crisi umanitaria al mondo. Da quando, nel gennaio 1991, il regime di Siad Barre è caduto, non c’è stato un momento di pace.  Il 10 settembre 2012 Hassan Sheikh Mohamud ha assunto l'incarico di Presidente dello stato dell’Africa Orientale: il suo tentativo, sostenuto dalle Nazioni Unite, è di porre fine a due decenni di sangue. Non sarà facile. In particolare Al-Shabab "La Gioventù”, in italiano) -gruppo insurrezionale islamista, cellula somala di Al Qaeda- dà parecchio filo da torcere:  nonostante sia stato disinnescato dalle città-chiave negli ultimi due anni, continua a controllare i centri più piccoli e le campagne, lanciando attentati a Mogadiscio (l’ultimo risale a cinque giorni fa, diciotto le vittime del duplice attacco).
 
L'Unione Europea ha annunciato un aiuto di oltre 124 milioni di euro per la missione dell'Unione africana (Amisom), che ha come scopo rafforzare la sicurezza nel Paese. Sicurezza: una parola che, a queste latitudini, suona come un miraggio.
 

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