Immigrazione

L’accoglienza diffusa nei Comuni funziona: tutti i numeri

Presentato il Rapporto annuale del Sistema accoglienza integrazione-Sai. Solo nel 2024 sono quasi 60mila persone accolte, a conferma che il Sai è «la risposta più importante e strutturata che il nostro Paese riesce a dare in tema di accoglienza e integrazione», dice Gianguido D'Alberto, sindaco di Teramo e delegato nazionale Anci immigrazione. Lui e il presidente Anci Gaetano Manfredi durante la presentazione incassano la promessa del Viminale di potenziare l'intero sistema

di Gabriella Debora Giorgione

Le persone migranti sono una presenza significativa soprattutto «nei territori dove spesso il tema dell’inverno demografico, della desertificazione, della mobilità da parte dei cittadini rappresenta un rischio per la sopravvivenza dei comuni stessi». Così Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli e presidente dell’Associazione nazionale Comuni italiani-Anci, durante la presentazione Rapporto Annuale Sai XXIII edizione avvenuta il 17 giugno 2025 in Anci.

«La rete Sai rappresenta una leva nell’ambito delle politiche di controesodo che noi abbiamo messo in campo per il rafforzamento delle politiche di sostegno delle aree interne», sottolinea Manfredi che chiude precisando però, Ministero dell’interno presente al tavolo, che «La rete di accoglienza va ovviamente rafforzata e va garantita la continuità perché è un patrimonio anche organizzativo che non può essere disperso. Investire sul sistema Sai significa dotare il Paese di un’infrastruttura stabile per dare risposta a un problema che fa parte delle dinamiche sociali di questi tempi e che ci deve trovare pronti». Chi ha orecchie intenda, insomma.

Ed è proprio Rosanna Rabuano, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno che nella prefazione del Rapporto ammette che «I dati restituiscono un’immagine di una rete solida, articolata e capillare. Lungi dall’essere meri indicatori quantitativi, i dati del Sai attestano la piena operatività di un sistema che ha saputo evolversi e rispondere con efficacia alle continue sollecitazioni internazionali e interne».

Sono 1.968 i Comuni italiani legati alla rete Sai come titolari di progetti oppure sedi di struttura o partner di progettualità aggregate. Una rete che si estende su tutto il territorio nazionale e coinvolge oltre mille piccoli Comuni e il 93% delle città italiane con più di 100mila abitanti, a testimonianza della capacità del Sai di coniugare prossimità, responsabilità istituzionale e visione strategica.
Circa 25mila operatrici e operatori, tra enti locali e attuatori, garantiscono quotidianamente il funzionamento dei servizi, affiancati da oltre 12.500 professionisti che hanno partecipato a percorsi di formazione continua.

Nel 2024, si legge nel Rapporto, il Sistema accoglienza integrazione-Sai ha ospitato 54.999 persone. Oltre il 90% ha meno di 41 anni e 15.199 sono stati le persone di minore età accolte, tra cui una quota significativa di minori stranieri non accompagnati-Msna che portano con loro numeri drammatici: il 3,2% di loro ha manifestato disagio mentale o comportamentale, mentre il 2,8% ha subìto torture e/o violenze, l’1,5% è vittima o sospetta vittima di tratta, e lo 0,2% appartiene alla comunità lgbtqia+. Tra le ragazze sole accolte, il 22,4% è vittima di tratta, il 18,8% ha subito torture e/o violenza, il 6% manifesta un disagio mentale e l’11,2% si trova in stato di gravidanza.

Un momento della presentazione del Rapporto annuale Sai

Per Gianguido D’Alberto, sindaco di Teramo e delegato nazionale per l’immigrazione, le politiche per l’integrazione e l’accoglienza di Anci, la XXIII edizione del Rapporto Sai «Conferma come quest’ultimo rappresenti la risposta più importante e strutturata che il nostro Paese riesce a dare in tema di accoglienza e integrazione, a partire dalle persone che accogliamo, se consideriamo che sulle 17.251 persone accolte e poi uscite dai progetti Sai nel 2024, il 55,8% ha concluso il proprio personale progetto di accoglienza con un avanzato percorso di inserimento socio-economico», ci ha detto nel dialogo che abbiamo avuto con lui a fine presentazione.

Ma i Comuni che vogliano attivare progetti Sai possono farlo?

Oggi i Comuni che intendono aderire alla rete devono attendere la pubblicazione sul sito del Ministero della relativa comunicazione per la presentazione di nuove proposte progettuali. Come Anci registriamo una forte volontà da parte di nuovi Comuni ad entrare nella rete, così come registriamo un interesse dei Comuni che già  fanno parte del Sai all’ampliamento dei posti.

Sì, però, per i Comuni è faticoso dover ripetere sempre le procedure di accreditamento.

Nell’interlocuzione con il Ministero, come Anci abbiamo chiesto misure che vanno dall’accreditamento permanente degli Enti locali titolari di progetti Sai a un finanziamento stabile della rete.

Carlentini, Gianguido D’Alberto al Festival degli Aquiloni con il progetto Sai del Comune di Palermo e Paolo Amenta, presidente di Anci Sicilia

Oggi possiamo dire che il Sistema Sai non è oggetto di revisione in negativo, insomma…

Oggi la centralità della rete Sai è universalmente riconosciuta come sistema di accoglienza sostenibile, diffuso e controllato, indispensabile per la buona riuscita di percorsi di integrazione e strumento facilitatore dei percorsi di cittadinanza sostanziale, anche nell’ottica di un nuovo welfare universale. Oggi il prefetto Rosanna Rabuano nel suo intervento ha evidenziato l’impegno del Ministero nella stabilizzazione della rete Sai e nell’individuazione di nuove risorse. E proprio in questo momento sono in corso le procedure per un ulteriore ampliamento di quasi 3mila posti, che andranno ad “assorbire” i posti attivati nel quadro della cosiddetta “emergenza Ucraina“.

L’importanza di questo tipo di accoglienza è evidente anche alla luce del nuovo “Patto europeo per le migrazioni”…

Esattamente. Il patto prevede che i richiedenti asilo, se non eleggibili alla procedura accelerata, debbano accedere ai percorsi di integrazione sociale, linguistica e lavorativa e rispetto alla quale riteniamo sia fondamentale il reintegro dei richiedenti asilo non soggetti a procedura accelerata nel Sai. Proprio il Patto europeo, come evidenziato dalla prefetto Rabuano, può rappresentare e una straordinaria occasione per potenziare il sistema della prima e seconda accoglienza quale appunto il Sai.

Il sistema Sai è riconosciuto come strumento di sviluppo, perché?

Il Sai ha dimostrato di essere un efficace strumento per attivare processi di sviluppo locale, soprattutto nelle aree interne, rappresentando un investimento sul capitale umano, sociale ed economico delle comunità e uno strumento di ricucitura tra i territori. La rete Sai, dunque, va sempre più potenziata e strutturata anche per spostare l’asse degli investimenti dalla primissima accoglienza al sistema di accoglienza diffusa nei Comuni, superando la logica di una gestione emergenziale dell’immigrazione e dell’accoglienza.

Resta un vulnus: il sistema Sai, nel complesso, è ancora poco conosciuto, sindaco.

In questi anni la rete sia attraverso l’Anci, sia attraverso i Comuni, sia attraverso i gestori ha messo in campo numerose attività volte a far conoscere le attività del Sai. Ma la nostra volontà è quella di potenziarne anche la comunicazione. Informazioni e comunicazione sono infatti essenziali per la tenuta sociale delle nostre comunità e per favorire integrazione e inclusione.

foto copertina: ufficio stampa progetto Sai Comune di Palermo; foto presentazione rapporto: ufficio stampa Anci

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