S indaco dal giugno del 2007, Ippazio Stefano vive fra l’incudine e il martello. Nelle ultime settimane è stato spesso “accusato” da alcuni suoi sostenitori di essere troppo morbido con l’Ilva. Proprio lui, medico fino a un anno e mezzo fa e conosciuto come pediatra-volontario nei quartieri più difficili della città.
Vita: L’Ilva, più una risorsa o una metastasi?
Ippazio Stefano: Io nel 1970 mi sono laureato con una tesi sull’elevato tasso di tumori in città. Certe cose le dicevo già 30 anni fa. L’Ilva è come un’automobile che non è stata mai mantenuta e oggi è un rischio ambientale. Il fatto che i tassi di mortalità siano in aumento non può essere taciuto.
Vita: Eppure il Comune, come del resto Regione e Provincia, si è ritirato da parte civile nei procedimenti che riguardano l’Ilva. Come si spiega?
Stefano: È stata una scelta della precedente amministrazione, che ho sempre osteggiato. Proprio in questi giorni ho dato mandato ai miei legali di studiare la strada più corretta per far rientrare il Comune nel processo.
Vita: Senza il polo industriale però la città sarebbe condannata alla miseria?
Stefano: Oggi è così, ma non è detto che lo sia anche in futuro. Le alternative ci sono.
Vita: Quali?
Stefano: La zona franca che permette alle piccole e medie imprese di insediarsi qui con rilevanti sconti fiscali. E il rilancio del porto. Oggi inutilizzato per i fondali profondi 12 metri invece dei 17 metri minimi. Per questo faccio appello al governo, per una legge sui fanghi dei fondali che ci consenta il dragaggio necessario.