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L’altro grande debito dell’Italia

22 miliardi di dollari promessi e non versati per lo sviluppo. Il diario di Luca De Fraia di Action Aid

di Redazione

di Luca De Fraia
vice Segretario generale di ActionAid Italia

SECONDO GIORNO

Siamo all’inizio del secondo e ultimo giorno del Vertice G20 di Cannes. E’ un Summit veloce e drammatico, dove si rincorrono i timori di una crisi finanziaria globale. Tutto andrà a mille e in poche ore si arriverà alla conclusione, dopo mesi di lavoro degli Sherpa. Lasceremo Cannes senza nulla di decisivo e già si pensa al prossimo passo, la conferenza di Durban sui cambiamenti climatici o quella di Busan sulla governance del sistema degli aiuti.
 
Per il momento la crisi domina l’agenda. Può essere diversamente? No, visto che si parla di un intervento del Fondo Monetario Internazionale in Italia. La notizia è stata dibattuta e negata nelle prime ore della mattinata in sala stampa, poi ha preso corpo ed è finita su tutte le prime pagine.
 
Qualche nota positiva arriva dalla riunione con i collaboratori di Bill Gates, che hanno raccontato com’è andata la sessione di Bill con i leader G20. Fra i punti forti del suo rapporto, il ruolo che potrebbero avere in futuro i Paesi emergenti attraverso la cooperazione diretta con i Paesi in via di sviluppo, la cooperazione Sud Sud, com’è chiamata in termini tecnici. Anche questo è il segno dei tempi.
 
Le notizie si accavallano e adesso si parla di una missione in Italia della Commissione Europea per i prossimi giorni per verificare l’andamento del pacchetto di misure che il Governo ha promesso di realizzare per rispondere alla crisi di credibilità del Paese. Come Sarkozy e gli altri leader hanno ricordato ieri, la questione non è la bontà del piano ma quanto la capacità di implementarlo.
 
E’ tempo della conferenza stampa di Berlusconi. Si parla solamente dei problemi di casa nostra, e non c’è spazio per capire cosa l’Italia vuole fare per l’agenda dello sviluppo. Per il nostro presidente del consiglio il Fondo Monetario Internazionale funzionerà come “un’agenzia di certificazione”. Non si tratta di “monitoraggio” e il nostro Paese non è sotto sorveglianza, a sentire il capo del governo, che aggiunge che la crisi di credibilità del Paese è colpa della storia di questi anni, e non è una crisi di credibilità delle persone che hanno adesso responsabilità di governo.
 
Siamo alla fine del Vertice. Leggiamo di corsa i documenti conclusivi. Cosa possiamo dire? Meglio pensare al futuro e dire che al Messico, un Paese emergente, toccherà compito di chiudere su una serie di agende importanti: riserve alimentari, rilancio degli investimenti per l’agricoltura, realizzazione di un sistema di tassazione sulle transazioni finanziarie. Ma dov’è finita la grandeur francese? Consumata dai venti di crisi, dalla Grecia e dall’Italia.
 
Appunto, l’Italia. Il G20 non fa sconti: i Paesi sviluppati devono mantenere gli impegni e versare gli aiuti promessi. Per il nostro Paese si tratta di un debito di 22 miliardi di dollari, accumulato negli ultimi dieci anni. Chiunque governerà nei prossimi anni dovrà correre in salita per recuperare il terreno perduto.

PRIMO GIORNO

“Ma che cosa è questa crisi?” Ve la ricordate la canzone scritta nel 1933 (http://to.ly/bnkE), negli anni della crisi del ‘29? A un certo punto evocava che la “crisi passerà”. Da Cannes, dove le riunioni ristrette dedicate a Grecia e Italia si sovrappongono con quelle del G20, l’idea che questa crisi possa finire, finire presto, non sembra proprio una cosa vera.
 
Sul banco degli imputati c’è l’Italia. C’è stata attesa per le decisioni del Governo in merito alle misure da adottare urgentemente per recuperare un minimo di credibilità di fronte ai Leader. Ma non si tratta solamente dei leader: la crisi di credibilità del nostro Paese la si sente nella sala stampa al Vertice come nelle discussioni con i colleghi delle organizzazioni della società civile.
 
Si sa bene che in questo momento non si può contare sull’Italia per far fronte alle sfide internazionali. Per come stanno le cose, saremmo tutti contenti se dall’Italia arrivasse un segnale rassicurante sullo stato dei conti della nostra economia. Ma forse non sarebbe questo il migliore contributo che possiamo dare in questo momento?
 
Ma se si parla principalmente di crisi delle economie sovrane di alcuni Paesi del mondo ricco, e di crisi dell’eurozona in particolare, cosa rimane del resto delle sfide che il G20 si era ripromesso di affrontare? L’anno scorso a Seoul era stato trovato un accordo definito come il nuovo “consenso sullo sviluppo”, centrato su infrastrutture e sicurezza alimentate. Dopo un anno, proprio sulla questione dell’accesso al cibo si vede che i conti non tornano.
 
Il Presidente Sarkozy aveva già nel 2008 aveva avanzato le sue proposte per creare un sistema per far fronte alle crisi alimentari. Le cose sono un po’ cambiate e la FAO si è ripresa spazio rilanciando la Commissione sulla Sicurezza Alimentare. Sarkozy aveva messo sul piatto la regolamentazione del mercati mondiali delle commodities per colpire la volatilità dei prezzi, ritenuto uno dei principali fattori dietro il picco dei prezzi e una nuova possibile crisi alimentare, che potrebbe trascinare un altro mezzo miliardo di persone sotto la soglia della malnutrizione.
 
Nel 2008 ci fu la crisi perfetta: finanziaria, energetica ed alimentare. La prima di questa crisi si è già fatta sentire. Cosa aspetta il G20 a prevenire l’estensione del contagio e bloccare gli altri focolai? Il G8 sembra arrivato al termine della sua corsa, anche perché è un club che non raccoglie più le economie più forti nel mondo. Ma all’inizio di questo Vertice, le chance che il G20 possa raccogliere l’eredità di questi anni per adeguarla ai tempi che corrono non sono poi così alte, a sentire le voci dalla sala stampa di chi segue questo circus da anni.

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