Leggi e norme
L’andamento lento della riforma per gli anziani non autosufficienti
A due anni dall’entrata in vigore della legge delega, le 60 organizzazioni del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza scrivono al Governo: chiedono quel cambio di passo che 10 milioni di cittadini attendono

Tre obiettivi e cinque pilastri, ma nessuna azione realizzata a distanza di oltre due anni e una sfilza di rinvii. È questa la sintesi dell’attuazione della legge 33/2023 dedicata alla riforma della non autosufficienza, secondo le organizzazioni del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, un network che raccoglie una sessantina di realtà. A due anni dall’entrata in vigore della Legge Delega, le organizzazioni denunciano che «la spinta al cambiamento che contraddistingue la riforma ha subìto un rallentamento. I decreti attuativi hanno previsto, per ora, il rinvio di molte tra le novità programmate. Questa lentezza nell’approvazione dei decreti attuativi, il costante trend di invecchiamento della nostra società, unito alla conclamata sofferenza del settore, indicano che non si può perdere tempo».
La non autosufficienza coinvolge 10 milioni di persone in Italia, tra gli anziani toccati, i familiari che li assistono e gli operatori professionali che li assistono. «Il sistema delle risposte pubbliche è da tempo sotto tensione, stretto tra le proprie criticità e la vertiginosa espansione della popolazione anziana. L’invecchiamento demografico da un lato e i ritardi da colmare dall’altro richiedono un’accelerazione. Bisogna rilanciare la riforma: l’unica strada possibile per farlo è un impegno comune di tutti i soggetti istituzionali, politici e sociali del Paese». È questo l’appello lanciato dal Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza, che chiede un incontro ai rappresentanti delle istituzioni e della politica, per unire le forze e rilanciare la riforma.
Le organizzazioni del Patto avevano contribuito alla definizione dei contenuti della legge 33/2023, dialogando con le forze politiche e portando il loro know how. Il dibattito tecnico-politico che aveva accompagnato la riforma è proprio una delle ragioni del diffuso sostegno assicurato alla Legge 33/2023 da parte degli addetti ai lavori. Dieci milioni di cittadini avevano intravisto nella riforma la possibilità di avere risposte finalmente disegnate sui propri bisogni, cosa che finora non è: il sistema sanitario e di welfare, su questo punto, è progredito sostanzialmente per aggiunta di tessere, cercando di rincorrere il cambiamento di bisogni determinato dal cambiamento demografico e da quell’aumento della aspettativa di vita a cui si lega spesso il tema della convivenza di più patologie e della cronicità. La non autosufficienza della popolazione anziana e i bisogni del long term care solo qualche decennio fa non erano né così chiari né così numericamente rilevanti.
Un’attuazione a rilento
Dopo l’approvazione della legge delega, però, il percorso di attuazione della riforma va troppo a rilento: una cosa che il Paese non può permettersi. Il Sistema Nazionale di Assistenza agli Anziani, prevista dalla legge delega, è stato rinviato mentre si sta lavorando sulla unificazione della valutazione multidimensionale. La riforma dell’indennità di accompagnamento è stata rinviata e al suo posto è stato introdotto un bonus temporaneo per il biennio 2025/26 – la nuova prestazione universale, che universale non è – che raggiungerà solo gli anziani over80 con una disabilità gravissima, già titolari di indennità di accompagnamento e con un Isee fino a 6mila euro, ossia circa 25mila persone in tutta Italia. Rinviato anche il ripensamento della domiciliarità mentre non si sa quasi nulla della revisione dei criteri di qualità nella residenzialità.
Cambiare direzione
«Per cambiare direzione, i principali soggetti istituzionali, politici e sociali del Paese dovrebbero unire le forze al fine di rilanciare la riforma: Stato, Regioni, Comuni, Patto e altri soggetti sociali dovrebbero lavorare insieme per darle concretezza», sottolineano le organizzazioni.
Tre le priorità. Primo, in Italia non esiste un servizio di assistenza domiciliare efficiente per soddisfare i bisogni di tutti gli anziani non autosufficienti e interventi organici di riconoscimento e sostegno dei loro caregiver familiari. Secondo, c’è un diffuso problema di qualità dell’assistenza fornita agli anziani nelle strutture residenziali. Terzo, la revisione dei passaggi da compiere per ricevere le misure disponibili, che oggi sono troppi e troppo complicati. L’attuazione della riforma dovrebbe inoltre procedere gradualmente, con un percorso pluriennale di progressiva messa in atto, accompagnato da un crescente incremento dei finanziamenti». Che al momento non sono previsti.
Foto di Avalon/Sintesi
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