Medio Oriente
L’appello di più di 100 ong: «Lasciate entrare gli aiuti prima che a Gaza non resti più nessuno da salvare»
Appena fuori Gaza tonnellate di cibo, acqua potabile, forniture mediche, articoli per l'alloggio e carburante rimangono inutilizzati, perché Israele impedisce alle organizzazioni umanitarie di accedervi e consegnarli. «Gli Stati devono adottare misure concrete per porre fine all'assedio, come l'interruzione del trasferimento di armi e munizioni. Accordi frammentari e gesti simbolici, come i lanci aerei, servono solo a nascondere l'inazione», si legge nella nota condivisa dalle organizzazioni
di Anna Spena

Mentre l’assedio del governo israeliano affama la popolazione di Gaza, gli operatori umanitari si uniscono alle file per ricevere cibo, rischiando di essere uccisi solo per sfamare le loro famiglie. Con le scorte ormai completamente esaurite, le organizzazioni umanitarie assistono impotenti al deperimento dei propri colleghi e partner.
Ormai nella Striscia di Gaza «nessuno è risparmiato: anche gli operatori sanitari a Gaza hanno bisogno di cure», come ha scritto su X Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Unrwa. «Medici, infermieri, giornalisti e operatori umanitari hanno fame. Molti stanno svenendo a causa della fame e della stanchezza mentre svolgono il loro lavoro: denunciare le atrocità o alleviare alcune delle sofferenze». Lazzarini ha affermato che la ricerca di cibo a Gaza è diventata rischiosa quanto i bombardamenti e ha definito i programmi della Ghf «una sadica trappola mortale. I cecchini sparano a caso sulla folla come se avessero il permesso di uccidere».
A due mesi esatti dall’inizio dell’operazione controllata dal governo israeliano, la Gaza Humanitarian Foundation, 109 organizzazioni lanciano l’allarme, esortando i governi ad agire e chiedono di «aprire tutti i valichi di frontiera; ripristinare il pieno flusso di cibo, acqua potabile, forniture mediche, articoli di prima necessità e carburante attraverso un meccanismo guidato dall’Onu; porre fine all’assedio e concordare subito un cessate il fuoco».
I massacri nei luoghi di distribuzione di cibo a Gaza avvengono quasi quotidianamente. Al 13 luglio, l’Onu ha confermato che 875 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano cibo, 201 lungo le rotte degli aiuti umanitari e il resto nei punti di distribuzione. Migliaia di altri sono rimasti feriti. Nel frattempo, le forze israeliane hanno sfollato con la forza quasi due milioni di palestinesi esausti con l’ultimo ordine di sfollamento di massa emesso il 20 luglio, confinando i palestinesi in meno del 12% di Gaza. Il World Food Program avverte che le condizioni attuali rendono le operazioni insostenibili. La fame dei civili come arma è un crimine di guerra.
«Appena fuori Gaza», si legge nella nota congiunta, «nei magazzini – e anche all’interno della stessa Gaza – tonnellate di cibo, acqua potabile, forniture mediche, articoli per l’alloggio e carburante rimangono inutilizzati, poiché le organizzazioni umanitarie non possono accedervi né consegnarli. Le restrizioni, i ritardi e la frammentazione imposti dal governo israeliano con il suo assedio totale hanno creato caos, fame e morte. Un operatore umanitario che fornisce sostegno psicosociale ha parlato dell’impatto devastante sui bambini: “I bambini dicono ai loro genitori che vogliono andare in paradiso, perché almeno lì c’è da mangiare”».
I medici segnalano tassi record di malnutrizione acuta, soprattutto tra i bambini e gli anziani. Malattie come la diarrea acquosa acuta si stanno diffondendo, i mercati sono vuoti, i rifiuti si accumulano e gli adulti collassano per strada a causa della fame e della disidratazione. Le distribuzioni a Gaza ammontano in media a soli 28 camion al giorno, ben lontane dall’essere sufficienti per oltre due milioni di persone, molte delle quali non ricevono assistenza da settimane.
«Il sistema umanitario guidato dall’Onu», continua la nota, «non ha fallito, ma è stato impedito che funzionasse. Le agenzie umanitarie hanno la capacità e le forniture per rispondere su larga scala. Tuttavia, con l’accesso negato, ci viene impedito di raggiungere chi ha bisogno, compresi i nostri team esausti e affamati. Il 10 luglio, l’Ue e Israele hanno annunciato misure per aumentare gli aiuti. Ma queste promesse di “progresso” suonano vuote quando non c’è un reale cambiamento sul campo. Ogni giorno senza un flusso costante significa più persone che muoiono per malattie prevenibili. I bambini muoiono di fame mentre aspettano promesse che non arrivano mai. I palestinesi sono intrappolati in un ciclo di speranza e delusione, in attesa di aiuti e cessate il fuoco, solo per svegliarsi in condizioni sempre peggiori. Non si tratta solo di tormento fisico, ma anche psicologico. La sopravvivenza è sospesa come un miraggio. Il sistema umanitario non può funzionare sulla base di false promesse. Gli operatori umanitari non possono operare con scadenze mutevoli o attendere impegni politici che non garantiscono l’accesso. I governi devono smettere di aspettare il permesso per agire. Non possiamo continuare a sperare che gli accordi attuali funzionino. È ora di agire con decisione: chiedere un cessate il fuoco immediato e permanente; revocare tutte le restrizioni burocratiche e amministrative; aprire tutti i valichi di frontiera terrestri; garantire l’accesso a tutti in tutta Gaza; rifiutare i modelli di distribuzione controllati dai militari; ripristinare una risposta umanitaria basata sui principi e guidata dall’Onu e continuare a finanziare organizzazioni umanitarie imparziali e basate sui principi. Gli Stati devono adottare misure concrete per porre fine all’assedio, come l’interruzione del trasferimento di armi e munizioni. Accordi frammentari e gesti simbolici, come i lanci aerei o accordi di aiuto imperfetti, servono solo a nascondere l’inazione. Non possono sostituire gli obblighi legali e morali degli Stati di proteggere i civili palestinesi e garantire un accesso significativo su larga scala. Gli Stati possono e devono salvare vite umane prima che non ce ne siano più da salvare».
Le organizzazioni firmatarie: American Friends Service Committee (AFSC); A.M. Qattan Foundation; A New Policy; ACT Alliance; Action Against Hunger (ACF); Action for Humanity; ActionAid International; American Baptist Churches Palestine Justice Network; Amnesty International; Asamblea de Cooperación por la Paz; Associazione Cooperazione e Solidarietà (ACS); Bystanders No More; Campain; CARE; Caritas Germany; Caritas Internationalis; Caritas Jerusalem; Catholic Agency for Overseas Development (CAFOD); Center for Mind-Body Medicine (CMBM); CESVI Fondazione; Children Not Numbers; Christian Aid; Churches for Middle East Peace (CMEP); CIDSE- International Family of Catholic Social Justice Organisations; Cooperazione Internazionale Sud Sud (CISS); Council for Arab‐British Understanding (CAABU); DanChurchAid (DCA); Danish Refugee Council (DRC); Doctors against Genocide; Episcopal Peace Fellowship; EuroMed Rights; Friends Committee on National Legislation (FCNL); Forum Ziviler Friedensdienst e.V.; Gender Action for Peace and Security; Global Legal Action Network (GLAN); Global Witness; Health Workers 4 Palestine; HelpAge International; Humanity & Inclusion (HI); Humanity First UK; Indiana Center for Middle East Peace; Insight Insecurity; International Media Support; International NGO Safety Organisation; Islamic Relief; Jahalin Solidarity; Japan International Volunteer Center (JVC); Kenya Association of Muslim Medical Professionals (KAMMP); Kvinna till Kvinna Foundation; MedGlobal; Medico International; Medico International Switzerland (medico international schweiz); Medical Aid for Palestinians (MAP); Mennonite Central Committee (MCC); Médecins Sans Frontières (MSF); Médecins du Monde France; Médecins du Monde Spain; Médecins du Monde Switzerland; Mercy Corps; Middle East Children’s Alliance (MECA); Movement for Peace (MPDL); Muslim Aid; National Justice and Peace Network in England and Wales; Nonviolence International; Norwegian Aid Committee (NORWAC); Norwegian Church Aid (NCA); Norwegian People’s Aid (NPA); Norwegian Refugee Council (NRC); Oxfam International; Pax Christi England and Wales; Pax Christi International; Pax Christi Merseyside; Pax Christi USA; Pal Law Commission; Palestinian American Medical Association; Palestinian Children’s Relief Fund (PCRF); Palestinian Medical Relief Society (PMRS); Peace Direct; Peace Winds; Pediatricians for Palestine; People in Need; Plan International; Première Urgence Internationale (PUI); Progettomondo; Project HOPE; Quaker Palestine Israel Network; Rebuilding Alliance; Saferworld; Sabeel‐Kairos UK; Save the Children (SCI); Scottish Catholic International Aid Fund; Solidarités International; Støtteforeningen Det Danske Hus i Palæstina; Swiss Church Aid (HEKS/EPER); Terre des Hommes Italia; Terre des Hommes Lausanne; Terre des Hommes Nederland; The Borgen Project; The Center for Mind-Body Medicine (CMBM); The Glia Project; The Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P); The Institute for the Understanding of Anti‐Palestinian Racism; Un Ponte Per (UPP); United Against Inhumanity (UAI); War Child Alliance; War Child UK; War on Want; Weltfriedensdienst e.V.; Welthungerhilfe (WHH)
Credit foto AP/Jehad Alshrafi/LaPresse
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