Non profit

L’ascesa irresistibile del sindacalista di strada

Jean-René Bilongo

di Redazione

Appena arrivato in Italia dal Camerun, oltre a lavorare nei campi per vari caporali, ha cominciato a impegnarsi come volontario per aiutare altri africani a vivere dignitosamente nelle terre difficili del casertano. Oggi Jean-René è volontario, sindacalista, giornalista e ha trovato pure il tempo per laurearsi in leggeJerry Masslo fu ucciso il 25 agosto 1989. Era arrivato in Italia in fuga dal Sudafrica nel 1987: attivista per i diritti della popolazione di colore, aveva perso una figlia, colpita da un proiettile sparato dalla polizia durante una manifestazione. Nell’estate del 1988 aveva cominciato a lavorare a Villa Literno, raccogliendo pomodori. Un anno dopo, in un clima di intolleranza verso i migranti che lavoravano nelle campagne, fu ucciso, a colpi di pistola, durante un raid effettuato da quattro persone nel casolare che ospitava gli immigrati. L’episodio ebbe grande risonanza: si mosse la politica, che allargò le maglie dello status di “rifugiato” per gli africani; una manifestazione antirazzista invase Roma; e, nel piccolo della provincia casertana nacque, per iniziativa di alcuni medici e assistenti sociali, l’associazione di volontariato “Jerry Essan Masslo”.
Jean-René Bilongo è uno dei membri direttivi dell’associazione. Camerunense, la sua storia è la storia di tanti immigrati: sacrifici, lotte, sconfitte. Nell’aiutare chi, come lui, ne ha passate di tutti i colori, ha trovato la ragione per guardare sempre avanti.
Cosa rappresenta l’associazione Jerry Masslo per gli immigrati in Campania?
L’associazione ha più di vent’anni, ormai. Opera a Castelvolturno, Villa Literno, Casal di Principe, un’area con un altissimo tasso di lavoratori migranti – soprattutto africani – che lavorano come braccianti. Facciamo assistenza sanitaria, progetti di recupero per la tossicodipendenza, assistenza legale, organizziamo corsi di lingua. Siamo ormai un punto di riferimento importante per gli immigrati, che quando arrivano, ovviamente, sono allo sbando. La possibilità di essere curati, aiutati nel lavoro, assistiti per tutte le pratiche burocratiche, ha fatto sì che con gli anni diventassimo qualcosa di più di una semplice opera di volontariato.
Quando ha iniziato a fare attività?
Fin da subito, da quando sono entrato per la prima volta nell’ambulatorio medico della Masslo per farmi fare una medicazione. Hanno capito immediatamente che si trovavano di fronte una persona “iperattiva”. Poi, dopo anni di attività, nel 2006 sono entrato nel direttivo, come primo membro non italiano.
Di cosa si è occupato?
Di tutto: ho staccato i biglietti per le file all’ambulatorio, aiutato nella gestione delle ricette mediche, fatto da interprete. Tre mesi dopo il mio arrivo ho frequentato il corso di italiano presso il Centro Fernandes, a Castelvolturno. In Camerun avevo studiato lingue, inglese, francese e spagnolo, e non ci ho messo molto a imparare. Dopo tre lezioni, chiesi se potevo tenere io il corso, e le cose sono andate bene.
Qual è la soddisfazione più grande che l’attività di volontario le ha dato?
Un progetto di cooperazione internazionale realizzato con la Jerry Masslo nel campo della correzione dei difetti della vista. Abbiamo realizzato un laboratorio di costruzione di occhiali in Congo, ed è diventato un punto di riferimento per un’intera regione. Così abbiamo allargato i nostri obiettivi, fino alla costruzione di una scuola elementare e alla realizzazione di progetti di elettrificazione e acqua potabile.
E dal punto di vista personale?
Essere riuscito a farmi un po’ di strada in un campo difficile: la scrittura. In Camerun avevo già cominciato a scrivere articoli per i giornali, ma arrivato in Italia mi dissero: «È impossibile». È quel genere di espressione che non sopporto. Io ci ho provato, ho iniziato da giornali locali, dall’Informale di Castelvolturno, poi ho fatto il corrispondente per Metropoli, e pian piano il mio lavoro è stato apprezzato. Senza sapere nemmeno come, dopo la strage di Castelvolturno mi sono ritrovato a scrivere per L’Unità.
Ed è anche entrato nel sindacato…
Sono stato per due anni responsabile immigrazione della Cgil, per la categoria dei braccianti agricoli, a Caserta. A maggio sono entrato nel direttivo nazionale Flai-Cgil. Ho lanciato l’idea del “sindacato di strada”, per i medici, gli operatori, gente che lavora sul campo, e pare che la cosa funzioni.
È possibile fare un bilancio, dopo dieci anni dal suo arrivo in Italia?
Ci sono stati momenti buoni e tanti meno buoni. Ho fatto qualunque cosa, ho cominciato a lavorare come bracciante, come mandriano, stando sulle rotonde in attesa dei caporali che ti portano nei campi, sfruttandoti, per poche lire. Ora sto studiando legge all’università, mancano pochi esami e anche questa sarà fatta. Un bilancio positivo, direi.

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