Lavoro sociale
L’assistente infermieristico per restituire dignità e sostenibilità alla cura
La definizione dei percorsi formativi per questa figura cruciale, una professione intermedia tra l’infermiere e l’operatore sociosanitario, può diventare occasione per ripensare al lavoro socio sanitario e ai contesti (anche demografici) in cui oggi si muove. Secondo il presidente Uneba Lombardia Luca Degani, occorre «valorizzare il rapporto diretto tra enti e lavoratori e perseguire un nuovo equilibrio, più giusto per tutti»

La rete associativa di Uneba Lombardia è intervenuta questa mattina all’audizione in Consiglio regionale nella Commissione di studio sulla figura dell’assistente infermieristico. «Si tratta di una professione cruciale per i bisogni di una popolazione sempre più anziana, una figura intermedia tra l’infermiere e l’operatore sociosanitario in grado di rispondere all’aumento della cronicità», spiega il presidente Uneba Lombardia Luca Degani. «Questa fase, in cui è necessario definire la normativa per i percorsi formativi, può diventare una grande occasione per ripensare alle professioni di cura nel loro insieme e ai contesti in cui sono chiamate oggi a intervenire».
Valorizzare il rapporto diretto tra enti e lavoratori, offrendo per figure quali gli asa e gli oss luoghi di tirocinio e formazione non esclusivamente in ambito universitario e ospedaliero ma anche socio sanitario, in un’ottica di integrazione con il quotidiano. Può essere questa la via, secondo Degani, «per evitare il rischio di una migrazione dal territorio verso le realtà ospedaliere e per rendere attrattive queste professioni per le nuove generazioni». Di fronte a una sanità che si riorganizza in ottica territoriale e capillare, con il sistema delle case di comunità, «anche la formazione deve puntare a migliorare l’infrastruttura della presa in carico attraverso servizi che rispondano alle esigenze dei cittadini».

«Oggi la domanda di salute delle cronicità è prevalentemente nel supporto alla aderenza terapeutica, come quella delle persone fragili è finalizzata alla gestione della distribuzione farmaceutica, alla gestione delle alimentazioni speciali, alla minimizzazione e corretta esecuzione delle azioni contenitive non farmacologiche per gli anziani fragili», aggiunge Degani. «Se passiamo dalla dimensione dell’acuzia a quella della cronicità, usciamo dall’ospedale ed entriamo nell’ambito della sanità territoriale, dove c’è bisogno di presenza continuativa e supporto periodico a tutela della salute. È in questi contesti che il ruolo dell’assistente infermieristico diventa cruciale».
Secondo Uneba, l’assistente all’infermiere è la chiave per restituire dignità e sostenibilità alla cura. A supporto di queste riflessioni, il presidente della rete lombarda ha portato all’attenzione dei consiglieri il punto di vista di Francesco Chiodaroli, direttore generale della Fondazione Danelli di Lodi. «Può accadere che una persona con una disabilità complessa non possa partecipare a una gita fuori dalla struttura perché ha necessità di assumere un farmaco all’ora di pranzo e l’unica infermiera del centro deve restare in sede. Non può essere contemporaneamente in struttura e fuori, con gli educatori». Senza tralasciare il rischio burnout: «Quando un infermiere si spegne, si spegne un pezzo di cura».
Queste non sono eccezioni, ribadisce Degani: «Sono storie quotidiane nei servizi per la disabilità. E tutte gridano lo stesso bisogno: un nuovo equilibrio, più giusto per tutti. La figura dell’assistente all’infermiere non è soltanto un aiuto in più. È una presenza competente, preparata, umana, che affianca l’infermiere nei compiti di base, nella gestione del quotidiano, nella cura delle persone».
Le fotografie sono state fornite dall’intervistato
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