Lavoro

Laurearsi conviene ancora?

Il Rapporto AlmaLaurea registra una riduzione del tasso di occupazione tra i neolaureati e pure fra i laureati di secondo livello a cinque anni dalla pergamena. Record di occupazione, invece, a cinque anni dal titolo per chi ha una laurea di primo livello. In università persano ancora il divario geografico e di genere e la provenienza socioculturale familiare

di Gabriella Debora Giorgione

tema dominante, l’incontro tra offerta formativa e interesse del mondo produttivo. È stato presentato il Rapporto 2024 sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati di 78 atenei italiani curato da AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario di orientamento, formazione, lavoro. Il Rapporto 2024 si basa su una rilevazione che ha coinvolto circa 660mila laureati e ha fotografato, in particolare, la condizione occupazionale a uno, tre e cinque anni dal conseguimento della laurea.

Laureati: uno su tre è figlio di laureati

Oltre la metà dei laureati in Italia è di genere femminile: nel 2023 è il 60,0%, quota che risulta tendenzialmente stabile negli ultimi dieci anni. Le donne hanno un’incidenza più alta nei corsi magistrali a ciclo unico: 68,6% rispetto al 57,7% nei magistrali biennali e al 59,7% nei corsi di primo livello, con una maggiore propensione delle donne a scegliere percorsi umanistici rispetto a quelli scientifici, in particolare quelli dell’area Stem.
Nei corsi di primo livello e nei percorsi magistrali biennali, la composizione per genere dei vari ambiti disciplinari segue le medesime tendenze: le donne hanno una maggior propensione in particolare per i gruppi di educazione e formazione, linguistico e psicologico. Nei corsi magistrali a ciclo unico le donne prevalgono in tutti i gruppi disciplinari: dal 95,3% nel gruppo educazione e formazione al 59,7% nel gruppo architettura e ingegneria civile.
Il 31,3% dei laureati 2023 ha almeno un genitore con un titolo di studio universitario. Tale quota è pari al 29,4% tra i laureati di primo livello, sale al 30,7% tra i magistrali biennali e al 43,5% tra i magistrali a ciclo unico; dunque, i dati evidenziano il ruolo della famiglia di origine sulle scelte formative dei giovani. E se si prende in esame l’origine sociale dei laureati, calcolata in base alla posizione professionale dei genitori, si scopre che i laureati con origine sociale elevata, ossia i cui genitori sono imprenditori, liberi professionisti e dirigenti, sono nel 2023 il 22,4%.

Meno occupati a un anno dalla laurea, record di occupazione a cinque anni

I principali indicatori occupazionali esaminati dal Rapporto AlmaLaurea registrano una riduzione del tasso di occupazione, di poco superiore a un punto percentuale tra i neolaureati: nel 2023, il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra i laureati di secondo livello (-1,3 e -1,4 punti percentuali rispetto al 2022).
Di diverso segno il dato sul tasso di occupazione dei laureati di primo livello a cinque anni dal conseguimento del titolo che, nel 2023, è pari al 93,6% e che risulta in aumento di 1,5 punti percentuali rispetto al 2022, raggiungendo così il più alto valore osservato in oltre un decennio. Si registra invece un lieve calo dell’occupazione per i laureati di secondo livello a cinque anni dal titolo (-0,5 punti percentuali rispetto al 2022), tra i quali il tasso di occupazione è pari all’88,2%. Anche se resta, nei giovani, l’idea che “laurearsi conviene”.

Una delle infografiche presentate dalla direttrice di AlmaLaurea, Marina Timoteo

I dati di AlmaLaurea evidenziano anche una loro maggiore selettività: in particolare, i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso formativo. A un anno dal titolo, infatti, tra i laureati di primo e di secondo livello, non occupati e in cerca di lavoro, la quota di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari, rispettivamente, al 38,1% e al 32,9%: tali valori risultano in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente, di 8,9 e di 6,8 punti percentuali. Inoltre, si dichiara disponibile ad accettare un lavoro non coerente con gli studi il 76,9% dei laureati di primo livello e il 73,0% di quelli di secondo livello.

Le forme di lavoro più diffuse, tra i laureati occupati a un anno dal titolo, sono i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato, i contratti a tempo determinato e i contratti formativi. Sostanzialmente stabili, sia tra i laureati di primo livello sia tra quelli di secondo livello, le attività in proprio.
A cinque anni dal conseguimento del titolo, la quota di chi è assunto con un contratto a tempo indeterminato supera la metà degli occupati e raggiunge addirittura il 72,7% tra i laureati di primo livello e il 52,6% tra quelli di secondo livello. È assunto con un contratto a tempo determinato l’8,8% dei laureati di primo livello e il 13,9% di quelli di secondo livello, mentre i contratti formativi coinvolgono rispettivamente il 4,1% e il 9,0% degli occupati.
Tra i laureati di secondo livello con cittadinanza italiana, invece, il lavoro all’estero riguarda il 4,0% degli occupati a un anno dalla laurea e il 5,5% degli occupati a cinque anni.

foto copertina: un seminario Anas agli studenti di ingegneria all’Università della Calabria

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