Inclusione
Lavoro e immigrazione: così gli stranieri e il made in Italy si salvano a vicenda
Il progetto "Integra" promosso dalla Camera di commercio di Milano, Monza e Brianza e Lodi colma il divario tra imprese e lavoratori immigrati, rispondendo al crescente fabbisogno occupazionale italiano e risolvendo per decine di soggetti il problema dell'integrazione. Ma per il futuro «c'è bisogno di programmazione da parte di aziende e istituzioni per garantire un'immigrazione consapevole e umana», spiega Andrea Dellabianca, presidente di Formaper, che ha realizzato il programma insieme a enti del Terzo settore e associazioni di categoria

Lo dice la Banca d’Italia, lo dice l’Istat, lo dicono tutti gli osservatori e player del settore: l’economia italiana avrà sempre più bisogno di lavoratori stranieri. Secondo il rapporto sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine pubblicato da sistema informativo Excelsior – Unioncamere, entro il 2028 i lavoratori immigrati assunti dalle imprese di tutto il territorio potrebbero raggiungere le 640mila unità, cioè il 21,3% del fabbisogno complessivo.
Tuttavia, le imprese spesso faticano a trovare personale qualificato, così come il personale qualificato fatica ad accedere al mercato del lavoro per mancanza di rete o altri ostacoli, come magari la lingua. È per far fronte a queste difficoltà nel matching che la Camera di commercio di Milano, Monza e Brianza e Lodi ha promosso il progetto “Integra”, offre a persone immigrate in possesso di un permesso di soggiorno valido (compresi i richiedenti asilo e rifugiati), appositamente selezionate, corsi di formazione professionale in diversi settori: ristorazione, edilizia, hotellerie, logistica, artigianato, manifattura. Di qui, la possibilità di fare colloqui con aziende del territorio ed entrare nel mondo del lavoro.
Realizzato realizzato da Formaper, società benefit dedicata allo sviluppo delle competenze imprenditoriali, manageriali, professionali e tecniche, con la collaborazione di quattro enti del terzo settore – Farsi Prossimo, Progetto Arca, Soleterre, Avsi – e otto associazioni di categoria con le relative scuole di formazione, “Integra” è anche un esempio sinergia efficace tra privato e terzo settore, in grado di rispondere in maniera comune a esigenze diverse.
Il 2024 è stato l’anno di avvio sperimentale del progetto. Divisi in 12 corsi di formazione, vi hanno partecipato 154 persone e 74 sono poi riuscite a inserirsi in un contesto lavorativo. Per il 2025, Formaper ha attivato 18 corsi (15 laboratoriali e tre di lingua italiana) con l’obiettivo di formare 250 persone in grado di essere assunte dalle 170 imprese partecipanti al progetto.
Ne abbiamo parlato con Andrea Dellabianca, presidente di Formaper.
Presidente, come nasce “Integra”?
Siamo partiti da due considerazioni. La prima riguarda i bisogni delle aziende del nostro territorio, che cercano persone. La seconda è legata alla difficoltà di inserire nel mondo del lavoro gli immigrati, che anche se sono già qualificati possono avere altri scogli da superare. Culturali, per esempio: basti pensare a un addetto alla cucina che per motivi religiosi non può maneggiare alcuni tipi di carne.
Qual è la parte innovativa del vostro progetto?
Il progetto si chiama “Integra” per due motivi. Da un lato integra le persone che arrivano, dall’altro integra le realtà del territorio. Con enti del terzo settore, imprese e associazioni di categoria abbiamo creato un gruppo di lavoro che è in continua relazione, confronto, per essere sempre attenti a intercettare i bisogni che emergono. La novità sta proprio nel combinare questi due aspetti: monitoriamo le esigenze del mondo del lavoro e rispondiamo a esse cercando di risolvere contemporaneamente un altro problema, appunto quello delle persone immigrate che non riescono a trovare un impiego.
Nel 2024 quasi la metà delle persone che hanno partecipato a “Integra” hanno poi trovato lavoro. È soddisfatto?
La misura finale del nostro successo è il numero di inserimenti lavorativi una volta concluso il progetto. L’anno scorso sono stati 74, un risultato interessante.
Il grande quesito è come riuscire ad aumentarli. Come si può fare?
Penso che ognuno debba fare la propria parte. A noi e alle associazioni di categoria spetta la parte di formazione, poi anche le aziende devono fare un passo. Nel nostro territorio abbiamo soprattutto piccole-medie imprese, realtà che magari fanno più fatica a sostenere certi cambiamenti del mercato del lavoro oppure ad assumere nuovo personale, ma serve che facciano la loro parte e adottino un cambio di visione.
Anche perché i lavoratori servono a loro. E gli enti del terzo settore come intervengono?
Come dicevo, tutti devono fare la propria parte e gli aspiranti lavoratori non sono esclusi. Il terzo settore, che lavora a stretto contatto con le persone, aiuta il percorso nell’ingaggio dei soggetti. Farsi Prossimo, Progetto Arca, Soleterre e Avsi sono la porta di ingresso delle persone che poi aderiscono al progetto. Questi enti si occupano della prima accoglienza: in breve, verificano competenze, attitudini, qualifiche e necessità delle persone, cosicché noi possiamo inserirli in percorsi formativi adeguati a loro.
Il progetto “Integra” va incontro alle esigenze di un territorio ampio, ma limitato. Il fabbisogno di forza lavoro straniera aumenterà però in tutta Italia: come farsi trovare pronti?
Bisogna fare un po’ di programmazione. Abbiamo presentato il progetto ai corpi consolari ed una cosa che è emersa è che è sarebbe più facile rispondere positivamente a domande di ingresso in Italia se queste domande fossero legate a percorsi formativi. Dobbiamo iniziare a capire come lavorare su questo punto, cercando di mettere insieme le necessità del tessuto imprenditoriale e la programmazione di percorsi di arrivo in Italia più umani, dignitosi e non rischiosi di quelli che in tanti sono costretti a fare. Ma c’è di più.
Prego.
Serve una capacità di cambiamento molto più alta di una volta. Un tempo si entrava nel mondo del lavoro con un competenza e ci si rimaneva con quella per 30, 40 anni. Oggi una sola competenza non basta più, perché il lavoro si evolve e i mercati cambiano rapidamente. Sta a noi monitorare questi cambiamenti e fornire una formazione non solo sulle competenze ma anche sulle soft skills, mentre le istituzioni devono fare un lavoro per favorire un’immigrazione consapevole e dignitosa.
In apertura: foto di Anamul Rezwan via Pexels
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