Non profit

Le colpe dell’Europa e le arance che restano sugli alberi

di Redazione

Rosarno. Italia. Meglio specificarlo che si tratta del nostro Paese, perché a vedere le immagini degli scontri fra i neri, gli abitanti del paese calabrese e la polizia, c’è da non crederci. La rivolta è scoppiata improvvisa e ha mostrato di colpo a tutti che esistono realtà come queste nel nostro Sud. Nuovi schiavi di colore che provengono dall’Africa nera, e che vivono al limite delle condizioni umane, pronti per essere usati da imprenditori agricoli senza scrupoli. Arance e mandarini, in questa stagione, magari nella vicina piana di Gioia Tauro, dove per l’Inps lavorano ufficialmente 1.600 braccianti italiani e solo 36 migranti. Un’altra Castelvolturno, dove il ruolo della camorra lo svolge la ‘ndrangheta, e dove le imprese sono fuori dalle regole che devono rispettare altrove. Dove non c’è Inps, ufficio d’igiene, ispettorato del Lavoro?
L’Italia che sta per compiere 150 anni sembra ancora da venire, e non la nazione moderna ed europea che a volte supponiamo esista. Ma perché è scoppiata la sommossa? Pare che all’inizio di tutto ci sia una piccola scintilla, colpi di fucile, forse ad aria compressa, contro un paio di africani. Tuttavia si sparge la voce (infondata e maligna) che i rosarnesi bianchi abbiano ucciso due lavoratori di colore. Comincia una rivolta senza precedenti, in cui cose e persone vengono colpite dai neri. I suoni e i gesti della sommossa fanno paura. Dall’altra parte si scatena presto la reazione rabbiosa degli italiani. Polizia e Carabinieri cercano di evitare il peggio, a fatica. Alla fine decidono di evacuare, col loro consenso, più di mille immigrati. Pochissimi vengono poi trattenuti nei Centri, la maggioranza scappa. Cominciano le polemiche. Mezzo mondo accusa l’Italia di razzismo. La Chiesa interviene autorevolmente, col Papa, il Segretario di Stato vaticano, la Cei. Il messaggio parrebbe elementare: l’immigrato è una persona, anche se è di colore diverso. Ma è a suo modo rivoluzionario. Per spiegare ciò che è accaduto c’è anche l’ipotesi che i nuovi schiavi non servano più all’agricoltura. Sono infatti cambiate le norme della Comunità europea, per cui i rimborsi non vengono più dati in base al prodotto raccolto. Le arance possono rimanere sugli alberi, i finanziamenti sono erogati in base ai metri quadri coltivati. Ovviamente fra gli investigatori c’è anche chi lo mette in relazione con lo scontro con lo Stato, culminato con l’attentato dinamitardo alla Procura di Reggio Calabria, che in questa visione avrebbe funzionato addirittura come segnale d’inizio della protesta. Lo Stato comunque non può essere soltanto repressione poliziesca, quando è in gioco la criminalità organizzata o l’ordine pubblico.

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