Questa volta lo ha scritto nero su bianco il ministro: nei programmi scolastici deve esserci l?intercultura. Anzi, ancora di più: a partire dall?anno prossimo ogni singola disciplina dovrà essere insegnata in modo nuovo, non più etnocentrico, ma interculturale. Un esempio? Lo ha fatto Giorgio T. Bagni al recente seminario Verso la costruzione di curricula interculturali: risolvere le equazioni di secondo grado con i bastoncini, secondo il metodo originale cinese, risalente al II secolo a.C. In questo modo i sistemi di equazioni a due variabili si possono fare in prima media anziché al liceo.
Al seminario hanno partecipato 150 docenti e moltissimi operatori delle ong. «Per la prima volta il ministero ci ha riconosciuto un ruolo e una competenza in questo settore», dice Sergio Marelli, presidente dell?Associazione ong italiane. «Siamo stati noi i primi a parlarne, nel 1989. Ora parteciperemo ai tavoli di concertazione del ministero, per definire i nuovi contenuti delle singole discipline: senza di ciò, qualsiasi intervento sarà solo di facciata».
Piera Gioda, del Cisv, coordina il gruppo scuola della Piattaforma Educazione allo sviluppo ed è particolarmente soddisfatta per il cambiamento di filosofia: «I nuovi documenti dicono che fare intercultura non è presentare nozionisticamente altre culture, ma educare alla cittadinanza globale, educare alla mondialità», spiega. Per questo le ong potranno avere un ruolo importante: «Abbiamo esperienze e contatti nel Sud del mondo che possiamo mettere al servizio delle scuole, per progetti di scambio e di incontro. Per riuscirci, però, noi ong dobbiamo superare una volta per tutte la logica campanilistica».
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