Mondo

Le ong: non dimentichiamo i sei afgani arrestati

Devono essere tutelati i diritti anche degli operatori afghani arrestati con gli italiani, sottolinea l'Aoi

di Redazione

«Chiediamo al nostro governo e alla comunità internazionale di adoperarsi con tutte le forze per garantire le tutele giuridiche e legali non solo ai tre medici italiani, ma anche ai sei operatori afghani arrestati con loro, di cui finora si è saputo poco o nulla». Nel chiedere al nostro esecutivo un’azione ferma e decisa affinché si giunga al più presto alla risoluzione del caso, Francesco Petrelli, presidente dell’Associazione Ong Italiane, sottolinea come i sei afghani arrestati insieme con i medici italiani non possano essere dimenticati: «Se siamo presenti nel paese con le nostre forze armate, ma anche con Ong come Emergency, è con il fine ultimo di assicurare un futuro al popolo afghano. Per questo non possiamo dimenticarci dei sei operatori locali arrestati insieme con i nostri medici con motivazioni ancora poco chiare. Sarebbe contrario allo spirito della nostra presenza in Afghanistan».

Nel comunicato delle ong si legge che «gli operatori di Emergency lavorano in Afghanistan per assistere la popolazione locale e alleviare le sue sofferenze».

«Un compito assai delicato in un paese dove i continui scontri armati alimentano un forte stato di tensione» spiega Petrelli. Con il suo lavoro, Emergency è vicina dal 1999 alla popolazione afgana, nel rispetto dei principi che guidano l’azione umanitaria: imparzialità, indipendenza, neutralità e soccorso verso tutte le vittime.  «Ci auguriamo che gli operatori dell’organizzazione italiana siano prosciolti da ogni accusa e tornino presto al loro prezioso lavoro. In uno scenario come quello afghano, l’azione di Ong indipendenti è quanto mai necessaria per assistere una popolazione civile troppo spesso vittima innocente del conflitto. Il lavoro degli operatori umanitari è ad alto rischio, sia per le vite degli stessi operatori sia perché si svolge in condizioni estreme e su di essa si concentrano i tentativi di strumentalizzazioni o addirittura i ricatti delle parti in conflitto. Ma è anche grazie al lavoro delle  Ong e di organizzazioni come Emergency che si ridà una speranza alla pace in un paese che da oltre 30 anni conosce solo il rumore delle armi, i lutti e le rovine di una guerra senza fine» conclude Petrelli.

 

 

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