Famiglia

Le ragioni del family day spiegate a un amico scettico

I Perché essere a Roma il 12 maggio, di Savino Pezzotta

di Redazione

Mentre la macchina corre veloce sull?autostrada sono ridestato dal trillo del telefonino: «Pronto?» ? «Ciao». Riconosco la voce di un caro amico, sodale di tante battaglie sociali e sindacali. Come sempre, senza tanti preamboli entra nel vivo di ciò che lo interessa: «Mi spieghi perché adesso ti metti anche a fare il portavoce del Family day?».

«La tua», rispondo, «domanda tradisce una perplessità cui voglio rispondere. La scelta delle organizzazioni sociali ed ecclesiali d?ispirazione cattolica di invitare tutti, laici e cattolici che credono nel valore civile e sociale della famiglia così come definita dall?art. 29 della Costituzione della Repubblica ?società naturale fondata sul matrimonio?, risponde ad una precisa volontà: quella di rimettere al centro il tema della famiglia dal punto di vista culturale, sociale, economico e politico. La famiglia è la prima e più originaria ?formazione sociale? – art. 2 della Costituzione ? nella quale si sviluppa e si perfeziona la persona umana. Il suo carattere originario, precedente allo Stato, ne prescrive una ?zona di rispetto? che esige un agire costante in favore di questa primaria formazione sociale. Dire che la famiglia deve avere una rilevanza sociale e civile significa in ultima analisi far riferimento al bene comune. Queste sono le ragioni che hanno spinto ad organizzare la Manifestazione del 12 Maggio».

Il mio amico non demorde: «Certo, ma come mai proprio ora si va in piazza?».

«Caro amico mio, è vero, siamo sicuramente in ritardo, non abbiamo colto con sufficiente attenzione le trasformazioni che stavano avvenendo e forse abbiamo pensato che la famiglia si salvasse da sè, per inerzia e per necessità. Abbiamo trascurato le trasformazioni che andavano a colpire al cuore l?idea stessa di famiglia, intesa come società naturale fondata sul matrimonio. E il peso delle questioni sociali ed economiche che gravano sulla famiglia e che gli impediscono di svolgere con serenità il suo compito o di costituirsi. Il fatto che oggi le povertà e le disuguaglianze passino attraverso le famiglie, che le difficoltà economiche, la mancanza di servizi, il costo delle case, il rapporto con il lavoro e la sua stabilità nel tempo incidano sul ?fare famiglia?, è un dato inconvertibile. Anche su questi terreni si sono registrati dei ritardi che bisogna recuperare. Ma oggi c?è un problema di fondo che dobbiamo affrontare, ed è quello che riguarda la definizione stessa di famiglia. Oggi dobbiamo chiederci: cos?è la famiglia? Tradizionalmente è il nucleo costruito attorno a un rapporto stabile di uomo donna, che s?incontrano attraverso una tensione affettiva e d?amore e che consolidano in un?espansione generativa e di ?cura?. Nel patto famigliare l?affettività si declina nella possibilità della generatività e pertanto su un?alleanza preventiva e solida tra generazioni. In questo contesto di relazioni aperte al nuovo che può nascere, non può esistere autoreferenzialità, perché quando il tema orientativo è il bene di chi viene (i figli) e di chi è stato (i parenti), l?utilitarismo, compreso quello determinato dall?affettività, viene superato dialetticamente dalla dimensione del dono e del donarsi per la vita. Bisogna dunque puntare ad una cultura del legame e non a quella della dissociazione che oggi sembra essere tanto di moda e che si ammanta in modo mistificante sotto l?egida della libertà. Quest?idea di famiglia ad alcuni starebbe troppo stretta e propongono di parlare di tanti modelli di famiglie».

Il mio amico è un osso duro e insiste: «Allora volete creare discriminazioni verso le unioni di fatto etero od omosessuali. Ti sembra un cristiano?»

La domanda mi tocca in profondità: «Quello che oggi serve, amico mio, è la chiarezza del linguaggio. La confusione babelica in cui siamo immersi mette in crisi la comunità e la società. È arrivato il tempo in cui il nostro linguaggio deve essere chiaro e ispirarsi al detto evangelico ?sì, sì? ?no, no?. La chiarezza è forma della carità, forse più di tanti buonismi oggi di moda e pertanto è necessario dire con limpidezza se si vuole effettivamente tutelare la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio oppure se si vogliono intraprendere altre strade. Si deve sapere oggi se si punta su un modello antropologico centrato unicamente sull?autonomia dell?individuo, sull?utilitarismo delle affettività temporanee o se invece si punta a consolidare la dinamica famigliare e pertanto un?affettività che s?incardina nella dimensione della responsabilità sociale. Deve essere chiara la diversità tra tutela e promozione di un soggetto che ha una dimensione sociale e che la Costituzione definisce famiglia e i bisogni degli individui che convivono».

Insiste l?amico: «Il tuo ragionamento presenta molti aspetti condivisibili ma in uno Stato laico…».

Ribatto:«In una società democratica tutti hanno il diritto di battersi per i valori in cui credono, soprattutto se il loro impegno muove da un principio definito dalla Costituzione. Non è una questione confessionale sostenere che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio e non solamente sul rapporto affettivo o d?interessi tra un uomo e una donna o tra persone omosessuali. Questo non vuol dire non avere a cuore i problemi che riguardano le coppie di fatto, ma come avrai visto dal manifesto Piu? famiglia, si dice « sì » alla tutela dei conviventi attraverso il diritto comune. Allora, ci vediamo il 12 maggio a Roma in piazza San Giovanni dalle 15 alle 18».

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