Mondo
Legambiente: 135 milioni i profughi ambientali
Sono 135 milioni le persone che rischiano l'esodo forzato dai luoghi in cui abitano per cause ambientali
di Redazione
Sono 135 milioni le persone che rischiano l’esodo forzato dai luoghi in cui abitano per cause ambientali e 3,4 miliardi, circa la meta’ della popolazione mondiale, quelli che abitano zone esposte ad almeno un rischio ambientale dall’impatto rilevante, tra siccita’, inondazioni, frane, cicloni, eruzioni vulcaniche, terremoti. E la situazione e’ destinata a peggiorare, visto che i continenti perdono ogni cinque anni 24 miliardi di tonnellate di superficie fertile, e che 50mila grandi dighe, che forniscono il 20% dell’elettricita’ globale e il 10% della produzione mondiale di cibo e di fibre, bloccano il 60% dei grandi sistemi fluviali nel mondo. E’ sulla desertificazione e le conseguenze sociali ed economiche dei cambiamenti climatici, che Legambiente rilancia l’allarme in occasione della Settimana mondiale dell’acqua di Stoccolma. ”La desertificazione – ha dichiarato Maurizio Gubbiotti responsabile Dipartimento Internazionale di Legambiente – e’ una delle piu’ gravi e pervasive forme di degrado ambientale e coinvolge un numero eccezionalmente elevato di persone. Le comunita’ povere sono spesso insediate in zone ecologicamente fragili e non avendo mezzi per gestire adeguatamente le risorse provocano a loro volta la degradazione generale dell’ambiente. E’ un circolo vizioso: la poverta’ favorisce il degrado, il degrado produce poverta’. La lotta contro la desertificazione – ha concluso Gubbiotti – rappresenta un obiettivo di primaria importanza, non solo per la tutela dell’ambiente ma anche per le implicazioni economiche e sociali”. Secondo le Nazioni Unite la desertificazione e’ l’emergenza ambientale piu’ grave degli ultimi decenni. Le regioni aride e semi-aride del pianeta rappresentano quasi il 40% della superficie terrestre e ospitano circa 2 miliardi di persone. Le perdite economiche globali dovute alla desertificazione ammontano a circa 42 miliardi di dollari annui. Secondo l’UNEP, a causa dell’espansione dei deserti, in Africa sono sfollate piu’ di 10 milioni di persone negli ultimi 20 anni. La poverta’ impedisce a queste popolazioni di dotarsi di strumenti tali da poter migliorare lo sfruttamento del terreno e indebolisce la loro resistenza sociale ed ecologica, tanto piu’ che non hanno la capacita’ o la possibilita’ di investire nella gestione delle risorse naturali, sono quindi costrette a muoversi per cercare ambienti piu’ ospitali. Fenomeno destinato ad aggravarsi, a causa dell’intensificarsi dei fenomeni meteorologici estremi, conseguenza delle pressioni sull’ambiente. Tanto piu’ grave, risulta in questo contesto la costruzione di 49.697 grandi dighe (quelle alte almeno 15 metri) nel mondo che, per ottenere il 20% dell’elettricita’ globale e il 10% della produzione mondiale di cibo e fibre, bloccano il 60% dei grandi sistemi fluviali nel mondo, con costi sociali e ambientali devastanti. La costruzione di nuove dighe ha costretto all’esodo forzato tra i 40 e gli 80 milioni di persone, di cui 35milioni solo in India. Praticamente una nazione piu’ vasta dell’Italia e’ stata evacuata e distrutta. Secondo la Commissione mondiale sulle dighe l’impatto sociale ed economico piu’ grave si e’ verificato a danno delle comunita’ piu’ povere e dei settori piu’ vulnerabili: il 70% degli sfollati appartiene a popolazioni indigene, per lo piu’ a comunita’ contadine e minoranze etniche. In genere chi e’ costretto all’esodo forzato viene trasferito in aree con suoli poveri, lontano dalle acque e dalle risorse dei fiumi, e deve pagare gli alti costi delle pompe per l’irrigazione (come nei casi dello Zambesi e del Nilo).
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