Welfare

Legge Basaglia, perché la riforma si farà davvero

L'allarme delle associazioni dell'Unasam

di Redazione

Non solo testamento biologico e clinical governance. Quello alle porte sarà un autunno caldo anche per la psichiatria. Prima dell’estate l’Unasam – Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale, inviava al parlamento una lettera che, in sostanza, diceva no al trattamento sanitario obbligatorio prolungato e all’indebolimento del servizio pubblico, e sì a più risorse alle Regioni. L’altolà delle organizzazioni del settore arrivava in risposta ai tentativi di modifica della legge 180 del 1978, nota ai più come legge Basaglia. Tutte le proposte di riforma psichiatrica attualmente depositate alla Camera e al Senato, si legge nel documento, «reintroducono prepotentemente concetti oramai superati quali la pericolosità sociale e l’inguaribilità della cosiddetta malattia mentale. Individuano quindi “nuovi luoghi” per l’obbligatorietà della cura», dimenticando «i passi da gigante fatti nel riconoscimento del diritto all’autodeterminazione».
Ma se l’esame delle iniziative di legge non è ancora in calendario nelle rispettive commissioni, perché le associazioni si sono mosse proprio ora? Tra le proposte – sette in tutto e tutte targate Pdl e Lega – una, dicono, “scotta” più delle altre. Senza troppo azzardo, potrebbe trattarsi del testo che trent’anni dopo metterà mano alla Basaglia. Primo firmatario, l’onorevole Carlo Ciccioli: psichiatra, vicepresidente della XII commissione Affari sociali alla Camera. La proposta del deputato Pdl è sottoscritta, tra gli altri, dal presidente e dal segretario della commissione, Giuseppe Palumbo e Gianni Mancuso, nonché da numerosi membri della stessa, tra cui quell’Umberto Scapagnini medico personale del presidente del Consiglio. Punti centrali il trattamento sanitario obbligatorio prolungato, non solo negli ospedali pubblici ma anche a domicilio o in strutture convenzionate, e il contratto terapeutico vincolante. Infine, commissari ad acta per le Regioni inefficienti. «È la discontinuità terapeutica il vero problema», sostiene Ciccioli, «e lasciare malati e famiglie senza sostegno crea dei veri e propri manicomi domestici, con i parenti in ostaggio». La normativa nasce dall’esigenza di tutelare «non solo chi è affetto da malattie psichiche, ma anche familiari e parenti stretti, non sufficientemente tutelati dal sistema sanitario».
Diverso il punto di vista di Gisella Trincas, presidente dell’Unasam: «L’impianto di tutte le proposte depositate ruota intorno alla questione del controllo sociale e dell’emergenza». Se la fotografia del territorio – e su questo concordano un po’ tutti – mostra luci e ombre derivanti dall’applicazione disomogenea della 180, «è indispensabile, piuttosto, potenziare i dipartimenti regionali di salute mentale». E riguardo all’eventualità di rafforzare l’assistenza privata, «prima le risorse al servizio pubblico», insiste Trincas, «che già ha l’acqua alla gola».
La Società italiana di psichiatria, intanto, ha dato un suo primo ufficioso benestare all’iniziativa di riforma: «Ho ricevuto tre richieste di emendamento», spiega Ciccioli, «che recepirò integralmente». Il testo potrebbe arrivare alla discussione in commissione a fine ottobre, «ed entro l’anno spero di farlo approvare in aula alla Camera».

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