Mondo

L’esilio forzato della gioventù europea

Emanuela Borzachiello racconta, sul suo blog, l'esodo obbligato dalla crisi che sposta contro voglia i giovani verso America, nord Europa e Asia

di Redazione

Non vogliono mica la luna, ma una possibilità. Una possibilità per non dover emigrare. Emigrare: un verbo che riporta alla memoria storie antiche, ma che declina – oggi – storie dal volto di giovani europei. Sono circa il 30% in Italia, sfiorano il 45% in Spagna, mentre in Portogallo e Grecia si arriva a un vertiginoso 50%: queste le percentuali di giovani migranti europei.

Hanno deciso di parlare con chiarezza e lo hanno fatto cercando di raccontare in una frase la loro condizione: “Noi non ce ne andiamo, ma ci cacciano”. Partono dal sud d’Europa verso il continente Americano, nord Europa, o mete asiatiche. Prima hanno creato una rete attraverso il web, No Nos Vamos Nos Echan, poi si sono organizzati e infine dal virtuale si sono materializzati nelle piazze di 30 città di tutto il mondo domenica 7 aprile.

«Noi non ce ne andiamo, ma ci cacciano». Tutto in una frase per centrare l’obiettivo: rendere visibili le loro storie, volti e motivazioni. Tutto pronunciato d’un fiato e con chiarezza «Noi non ce ne stiamo andando, ma ci stanno costringendo a farlo». «Noi non partiamo per scelta, per fare un’esperienza lavorativa all’estero». «Quando le competenze, un alto grado di formazione, iniziative e proposte costanti non bastano più, non ci sono più scelte ma un obbligo: emigrare».

Nel loro sito hanno disegnato una mappa del mondo. In ogni paese tanti cerchi, piccoli e gialli, su cui cliccare. Cliccando appare una scheda che racconta una storia. In ogni scheda due domande: «Ti senti in esilio forzato?», «Vorresti ritornare?». La stragrande maggioranza risponde di sentirsi in esilio, che vorrebbe ritornare ma non a tutti i costi. Se ritornare significa dover continuare ad accettare lavori precari, senza garanzie e sentirsi in una situazione di costante vulnerabilità, quei giovani rispondono che «vogliono ritornare, ma non a richio di perdere l’autonomia»…

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