Non profit
L’Europa non si fida Le sanzioni restano
Ancora violazioni dei diritti umani. E un governo di unità nazionale che nasconde le vecchie divisioni. Bruxelles chiude i rubinetti, esclusi quelli degli aiuti
di Redazione
Dal 2002 ad oggi, nonostante le sanzioni mirate allo Zimbabwe di Robert Mugabe, l’Unione europea ha versato 527 milioni a favore del Paese, sotto forma di aiuti diretti alla popolazione. Prima di impegnarsi di nuovo nella relazione con il governo, la Ue ha voluto più garanzie. Lo scopo della prima visita ufficiale dell’Unione europea in Zimbabwe da sette anni a questa parte, il 12 e 13 settembre, era verificare la tenuta del governo di unità nazionale, sancito dal Global political agreeement (vedi box).
La delegazione, guidata dal commissario per l’Aiuto e lo sviluppo, Karel De Gucht e dalla Svezia, presidente di turno dell’Ue, ha stabilito che le sanzioni mirate decise nel 2002 contro oltre duecento personaggi politici legati al presidente Robert Mugabe non saranno tolte. E questo nonostante il governo dello Zimbabwe abbia dichiarato di aver bisogno di 10 miliardi di dollari di aiuti per la ricostruzione di un Paese al collasso economico in cui l’inflazione ha raggiunto il 500%. «Nel 2002 le misure restrittive contro l’elité al potere sono state decise a causa delle violazioni dei diritti umani», ha detto Gunilla Carlsson, ministro per lo Sviluppo della Svezia durante la visita ufficiale. «L’Ue non si può impegnare di nuovo finché il Global political agreeement non verrà messo in atto nella sua interezza». L’Unione europea si limiterà a continuare a versare aiuti diretti alla popolazione: 90 milioni di euro l’anno in assistenza umanitaria, oltra a una nuova iniezione di 7,5 milioni di euro in finanziamenti per borse di studio.
A pesare sulla decisione dell’Ue sono state «le preoccupazioni riguardo la libertà di stampa e le riforme costituzionali». «Abbiamo molti rapporti che documentano violazioni dei diritti umani», ha dichiarato Carlsson, «e vogliamo vedere dei cambiamenti concreti, sul terreno». Mugabe non ha ancora nominato il capo della banca centrale e il procuratore generale, ha continuato a confiscare le terre degli agricoltori bianchi e a perseguitare i sostenitori di Tsavangirai e ha rifiutato di insediare il ministro dell’Agricoltura scelto dal primo ministro, il popolare Roy Bennet.
A oggi sono 203 le persone e 40 le compagnie dell’entourage di Mugabe che subiscono restrizioni finanziarie e di movimento nel blocco dei 27. L’anziano presidente ha sempre puntato il dito contro i suoi nemici in Occidente, ritenendoli responsabili del declino economico dello Zimbabwe, e dicendo che le sanzioni sono state imposte per rappresaglia contro la sua decisione di espropriare le terre dei bianchi per ridistribuirle ai neri. Accusa respinta dal nuovo commissario per l’Aiuto umanitario Karel De Gucht: «Le misure restrittive colpiscono solo alcuni individui, non la popolazione». Ma, d’altra parte, alcuni analisti fanno notare che le sanzioni hanno come conseguenza indiretta la mancanza di fiducia nei confronti dello Zimbabwe da parte di potenziali investitori, e che anche questo fattore ha contribuito al grave declino del Paese.
Durante il suo recente giro di visite in sei Paesi occidentali, il leader dell’opposizione ora al governo, Morgan Tsavangirai ha ottenuto aiuti per un valore di circa 135 milioni di euro. E un ulteriore prestito del Fondo monetario internazionale di circa 340 milioni di euro rappresenta la più grande iniezione di fondi dalla formazione del nuovo governo di unità nazionale ad oggi.
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