Non profit
L’holding scappa, la coop ricostruisce
Workers buyout, il caso di Fenix Pharma
di Redazione
Chiusa una società se ne fa un’altra. Ma quella che nasce ha forma cooperativa e mutualistica. Capita sempre più spesso: la sola Coopfond, la struttura di Legacoop che accompagna queste riconversioni, ne ha contate 22 da metà 2008 a fine 2011 (dal 1994 al 2007 erano state 15). Ogni caso è a sé, eppure dietro queste operazioni di workers buyout, come le si definisce tecnicamente, ci sono storie simili. Settori produttivi che entrano in crisi, uomini e donne che, magari dopo decenni, perdono il posto di lavoro. E tuttavia non si lasciano scoraggiare.
Com’è accaduto a cinque ex manager della Warner Chilcott (ex Procter & Gamble Pharmaceuticals), multinazionale che, all’avvicinarsi della scadenza del brevetto di un farmaco contro l’osteoporosi (e quindi di un possibile calo dei profitti), ha preferito dismettere tutte le attività europee chiudendo uffici e lasciando a casa circa 550 persone, 160 delle quali in Italia. Era l’aprile 2010.
Passato un momento di comprensibile incertezza (l’età media di questi lavoratori si attesta attorno ai 45 anni: un «mezzo del cammin di nostra vita» dalla difficile ricollocazione e lontano dalla pensione), ha preso corpo l’idea di reagire in modo costruttivo. «Abbiamo deciso di dar vita a un progetto diverso in forma cooperativa, valorizzando un’esperienza condivisa di vent’anni e le competenze specifiche accumulate», spiega Salvatore Manfredi, uno dei manager. Pochi mesi dopo, i soci della romana Fenix Pharma sono diventati 39. Ciascuno dei quali ha versato 10mila euro di capitale e contribuito ulteriormente con un prestito sociale. «L’obiettivo è arrivare a oltre 400mila euro per per avere le necessarie disponibilità finanziarie a supporto degli investimenti per l’acquisto della licenza del farmaco per l’osteoporosi, delle relative scorte, ed affiancare degli integratori medicali per le patologie delle articolazioni. Abbiamo un business plan: dovremmo andare a pareggio entro 18 mesi».
Un obiettivo ambizioso per un settore difficile, come spiega Aldo Soldi, direttore di Foncoop che, assieme a Cfi, ha sostenuto l’operazione mettendo a disposizione circa 500mila euro: «Il mercato farmaceutico è molto competitivo e per sopravvivere occorre raggiungere volumi di vendita elevati, ma la professionalità e l’esperienza dei soci, unite alla forte motivazione e alla serietà degli impegni che si sono assunti, ci hanno convinto a sostenere con forza un progetto tanto significativo quanto innovativo». Per agevolare la fase di start up, i soci si sono attribuiti dei contratti a progetto piuttosto bassi: «Facciamo tutti molti sacrifici convinti che potremo pian piano costruire retribuzioni migliori». Se la risposta del mercato sarà positiva, s’intende che arriveranno salari più alti.
Le premesse ci sono tutte: dal 2002 al 2010 in Italia il consumo dei farmaci solo per l’osteoporosi è aumentato dell’81%. Ma più che una questione di portafoglio, è evidente che si tratta di una faccenda di motivazioni e prospettive. «È chiaro che la sfida fondamentale è misurarci sul mercato. Per noi costituire una cooperativa», prosegue Manfredi, «ha voluto dire scegliere di lavorare in un clima orientato alla collaborazione più che alla competizione, ma anche rimettere al centro le persone come protagoniste primarie del loro futuro».
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