Mondo

Libano: autobomba uccide leader anti siriano

Ucciso l'exx segretario generale del Partito comunista libanese

di Redazione

Ancora un’autobomba a Beirut, dove a sole 48 ore dalla conclusione della lunga maratona elettorale vinta dall’opposizione antisiriana e’ stato ucciso stamani l’ex segretario generale del Partito comunista libanese, Georges Hawi, apertamente schierato contro la soffocante tutela della Siria sul Paese dei Cedri. La tecnica utilizzata per eliminare Hawi e’ stata la stessa di quella impiegata nell’attentato del 2 giugno, quando sempre a Beirut era stato ucciso il giornalista antisiriano Samir Kassir, ma la mattinata nella capitale libanese e’ stata resa ancor piu’ drammatica dall’annuncio della perquisizione dell’abitazione del capo della Guardia repubblicana, generale Mustafa Hamdan, nel quadro delle indagini Onu sull’uccisione dell’ex premier Rafik Hariri. La Mercedes nera con a bordo l’ex leader comunista e il suo autista, Thabet Bazi, si era appena allontanata intorno alle 09:45 locali dall’abitazione di Hawi, nel quartiere di Wata Mousaitbeh, nella zona ovest di Beirut, a maggioranza musulmana, quando l’ordigno che era stato piazzato sotto il sedile del passeggero e’ stato fatto esplodere a distanza. Hawi e’ morto sul colpo, mentre il suo autista e’ rimasto solo ferito ed e’ riuscito a gettarsi fuori dall’auto, che ha proseguito la sua corsa per alcune decine di metri, prima di arrestarsi accanto a un cartellone di propaganda elettorale di Saad Hariri, figlio dell’ex premier ucciso il 14 febbraio e appena uscito vincitore dalle elezioni assieme ai suoi alleati dell’opposizione antisiriana. ”Dopo ogni passo in avanti, qualcuno cerca di minare la sicurezza in Libano per inviare oscuri messaggi”, e’ stata la prima reazione del premier libanese Najib Miqati alla notizia dell’uccisione dell’ex leader comunista. Piu’ esplicito e’ stato il leader druso antisiriano Walid Jumblatt, secondo il quale in Libano ”sta continuando la serie di omicidi per far fallire la vittoria dell’opposizione contro lo stato di polizia”. Uno stretto collaboratore di Jumblatt, l’ex ministro e deputato Marwan Hamadeh, a sua svolta sfuggito a un attentato nell’ottobre scorso, ha poi direttamente accusato il contestato presidente filosiriano Emile Lahoud ”e chi e’ dietro di lui”, ricordando l’asserita ”lista nera” di oppositori libanesi da ”liquidare” che i servizi segreti siriani avrebbero compilato prima di abbandonare nell’aprile scorso il Paese dei Cedri. E a rendere il clima ancor piu’ incandescente e’ giunta poco dopo la notizia della perquisizione del capo della Guardia repubblicana, che assicura la protezione di Lahoud, nel quadro delle indagini della Commissione d’inchiesta Onu guidata dal giudice tedesco Detlev Mehlis e incaricata di fare luce sull’ attentato di San Valentino. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione di Lahoud, lo stesso Mehlis starebbe ora interrogando il generale Hamdan, l’unico dei vecchi responsabili delle forze di sicurezza libanesi a non aver rassegnato l’incarico dopo le dimissioni dell’ex premier filosiriano Omar Karame sull’onda delle grandi proteste di piazza per l’uccisione dell’ex premier Hariri. Non lontano dal luogo dell’ultimo attentato contro l’ex leader comunista Hawi cinque o sei giovani ”sospetti” di nazionalita’ siriana sono stati invece arrestati, mentre cercavano di nascondersi sul tetto di un edificio.

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