Non profit

Liberare Milano dalle auto. Vietato fare marcia indietro

di Redazione

Quattro anni fa veniva introdotto il “road pricing” per entrare in centro. Una misura che ogni città dovrebbe far sua. E che oggi rischiadi andare in archivio. Lettera apertadi un ambientalistaTra le eredità che Giuliano Pisapia ha ricevuto da Letizia Moratti ce n’è certamente una che non va buttata. Sono quelle misure, approvate nel luglio 2007, che vanno sotto il nome «Attuazione di misure di mobilità sostenibile, sperimentazione di un sistema di pagamento per l’accesso e la circolazione dei veicoli inquinanti nella Cerchia dei Bastioni, istituzione della Zona a traffico limitato e determinazione delle tariffe». In sintesi, l’Ecopass: Milano così faceva da apripista tra le città italiane introducendo una politica di “road pricing”.
Avrebbe dovuto essere introdotta in via sperimentale per un anno la pollution charge, ossia una tariffa sulle emissioni inquinanti dei veicoli a motore privati, con la previsione di un monitoraggio sull’impatto del provvedimento dal punto di vista ambientale, socio-economico e del traffico. E dovevano essere avviati il potenziamento del trasporto pubblico, l’estensione delle corsie riservate e l’estensione della regolamentazione della sosta con il completamento dell’area all’interno della cerchia filoviaria. Gli introiti derivanti dalla tariffa avrebbero dovuto essere destinati al finanziamento del Piano della mobilità sostenibile, che prevedeva investimenti per 3,5 miliardi di euro, ed era articolato in oltre 30 interventi a sostegno della mobilità e della tutela della salute, non limitandosi agli interventi sul traffico ma partendo da un potenziamento del trasporto pubblico locale e da una maggiore integrazione tra i mezzi pubblici su gomma e su ferro.
Gli obiettivi attesi avrebbero comportato la diminuzione del 20% dell’inquinamento atmosferico e del 25% dell’inquinamento dovuto ai mezzi di trasporto pubblico e privato; la riduzione delle autovetture in ingresso nell’area interessata dal provvedimento pari a circa il 20%, con una conseguente riduzione del 50% delle emissioni di PM10 allo scarico; una maggiore capacità di controllo della circolazione dei veicoli per il trasporto merci e un significativo incremento della velocità commerciale dei mezzi di trasporto pubblico.
La delibera meneghina era giunta quasi in contemporanea con la proposta lanciata dal sindaco di New York, Michael Bloomberg di far pagare 8 dollari alle auto e 21 ai camion che volevano entrare a Manhattan. Proposta respinta dalla New York Legislature.
A Londra, invece, la congestion charge è un fatto da tempo acquisito: è entrata in vigore il 17 febbraio 2003 e vien applicata all’area centrale interna all’Inner Ring Road, che copre 21 km quadrati e ha 174 punti di accesso e uscita, tra le 7 del mattino e le 18.30 di tutti i giorni feriali, escluse le festività. La tariffa ammonta a 8 sterline e consente di entrare e uscire dall’area un numero illimitato di volte al giorno. I residenti all’interno dell’area ristretta hanno uno sconto del 90%, mentre la completa esenzione è prevista solo per una serie di mezzi di servizi pubblici, per gli autoveicoli dei disabili, per quelli elettrici e per quelli alimentati a gpl e gas naturale. Gli effetti della misura sono stati giudicati positivi dal 68% sia dei residenti dell’area che degli abitanti delle altre zone di Londra. Dopo un anno di applicazione, rsi sono registrati un calo degli ingorghi del 30%, tempi medi di viaggio drasticamente ridotti, diminuzione del 20% dell’inquinamento provocato dalle polveri sottili. Gli incassi, pari a 74 milioni di euro in due anni, sono stati reinvestiti nel trasporto pubblico, che ora viaggia con 2 milioni di passeggeri in più.

Da Singapore alla Norvegia
Ma la prima città ad individuare il road pricing come strumento di regolazione del traffico è stata, nel lontano 1975, Singapore, che introdusse uno schema di accesso al centro basato su rilascio di permessi cartacei dietro pagamento. In Norvegia, a Trondheim, il road pricing è stato introdotto nel 1991 come tariffa per l’accesso all’area centrale, delimitato prima da 12 e attualmente da 20 stazioni di accesso. Sempre in Norvegia, a Oslo l’area a pedaggio è stata delimitata da 19 stazioni di accesso, a distanza variabile tra 3 e 7 chilometri dal centro; la tariffa per il passaggio attraverso il charging point è attualmente fissata intorno ai 2 euro, ed è sempre in vigore senza eccezioni per orari notturni o festivi.
Il dibattito sull’opportunità di introdurre sistemi di road pricing spesso tende ad assomigliare a quello sull’uovo e la gallina: uno dei principali argomenti usati dai suoi detrattori è infatti quello della necessità di potenziare il trasporto pubblico prima di limitare la mobilità dei mezzi privati. Il problema è però il perdurante declino dei finanziamenti al trasporto pubblico, che certo non potrà essere invertito in una fase di pressanti richieste di riduzione della pressione fiscale. Si tratta, allora, di introdurre sistemi tariffari, come quello del road pricing, che, insieme, rendano sempre meno conveniente l’uso di mezzi privati rispetto al trasporto pubblico e finanzino adeguatamente quest’ultimo, elevandone la qualità ai livelli medi europei.

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