Formazione
L’impresa sociale? scommetto che può cambiare il mondo
Il Nobel per la pace lancia una nuova sfida: il miglior strumento anti povertà a disposizione dellessere umano è limpresa sociale, di Muhammad Yunus
di Redazione
Quel discorso davanti al mondo
Il miglior strumento anti povertà a disposizione dell?essere umano? L?impresa sociale. Parola di Muhammad Yunus, che nel discorso di accettazione del Premio Nobel per la pace il 10 dicembre ha tracciato la strada da percorrere. Un cammino che può cambiare il destino del 60% della popolazione, e che parte da una semplice scommessa: vedere l?imprenditore come un essere umano multidimensionale. Ecco il passaggio del discorso in cui Yunus lancia la sfida dell?impresa sociale.
Creare un mondo libero dalla povertà è possibile, credetemi. Perché non sono i poveri a generarla, ma una forma di capitalismo che considera gli imprenditori esseri umani unidimensionali. Persone che dedicano la loro vita lavorativa ad un?unica mission: massimizzare i profitti. Questa interpretazione del capitalismo, però, isola gli imprenditori da qualsiasi altra dimensione – politica, emotiva, sociale, spirituale e ambientale – della vita. Sono convinto che definire gli imprenditori in modo diverso contribuirebbe a cambiare radicalmente la natura del capitalismo risolvendo molti dei problemi socio-economici che oggi affliggono il nostro mondo.
Un provvidenziale surplus
Supponiamo, per esempio, che invece di essere spinto da un unico obiettivo, la massimizzazione del profitto, l?imprenditore lavori mosso da due motivazioni che sembrano escludersi a vicenda ma che considera altrettanto importanti: massimizzare il profitto e fare del bene alle persone e al mondo. Le due motivazioni porterebbero a due diversi tipi di attività: un business dedicato appunto al profitto e un business sociale lanciato sul mercato con l?obiettivo di rendere il mondo un posto migliore.
Immagino questi business sociali come imprese senza perdite e senza dividendi da distribuire. E sono pronto a scommettere che, una volta riconosciuti per legge, spingerebbero molte aziende a creare imprese sociali accanto al loro core business. Ma anche gli attivisti potrebbero trovarle un?opzione interessante: a differenza degli enti senza scopo di lucro che devono continuamente raccogliere fondi, infatti, le imprese sociali si autosostengono finanziariamente creando anche un surplus per ampliare le loro attività.
Immagino, inoltre, che molti sarebbero i giovani, soprattutto dei Paesi ricchi, a considerare interessante l?idea di impresa sociale perché consente di fare la differenza usando creatività e nuove idee. Praticamente ogni problema socio-economico del mondo può essere risolto attraverso l?impresa sociale: la sfida è di rinnovare i modelli di business e metterli in pratica per produrre risultati sociali efficienti ed efficaci. Sono convinto che l?impresa sociale possa cambiare la vita del 60% della popolazione del mondo aiutandola ad uscire dalla povertà.
Perfino le aziende tradizionali, create con l?obiettivo di massimizzare il profitto, possono diventare imprese sociali affidando ai poveri la maggioranza o la totalità delle azioni. Grameen Bank, per esempio, appartiene a questa categoria di impresa sociale. Ma anche i grandi donatori multilaterali possono facilmente creare questo genere di imprese sociali: quando stanziano un finanziamento per costruire un ponte in un Paese beneficiario, per esempio, possono creare una piccola impresa posseduta dalle comunità locali e gestita da un team di management competenti cui spetti fare utili da distribuire ai poveri come dividendi e da utilizzare per costruire nuovi interventi ad alto impatto sociale.
Per mettere in contatto investitori e imprese sociali è necessario creare un mercato azionario particolare in cui vengano trattate solo le azioni dei business sociali. Una Borsa etica che, per funzionare, ha bisogno di agenzie di rating, di una standardizzazione dei termini borsistici, di strumenti di misurazione e di nuovi giornali finanziari come il Social Wall Street Journal. Creare potenti imprese sociali multinazionali che portino i benefici della globalizzazione anche ai poveri e ai Paesi poveri è possibile.
La teoria del bonsai
La povertà esiste perché abbiamo costruito le nostre teorie economiche su principi che sottostimano le capacità dell?essere umano.
La povertà dipende più da un nostro fallimento mentale che dalla mancanza di capacità delle persone che la subiscono. Per me i poveri sono come dei bonsai. Se pianti il seme di una pianta altissima in un vaso da fiori, vedrai crescere una copia di questa bellissima pianta, ma in dimensioni ridotte. E questo non perché qualcosa non vada nel seme, è il terreno in cui l?hai piantato ad essere inadeguato. I poveri sono come delle persone bonsai: non c?è nulla di sbagliato nei loro semi, è la società che, semplicemente, non gli ha mai concesso abbastanza spazio per crescere.
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