Disabilità
L’inclusione è curare il fuori, per cambiare il dentro
Un giorno al Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona. «L’inclusione vera non nasce da spazi speciali, ma da contesti ordinari che sanno accogliere in modo straordinario. Creare luoghi speciali è facile. Rendere ogni luogo inclusivo è la vera sfida che misura il nostro grado di civiltà», dice la presidente Giorgia Sordoni

Tra forbici e nastrini di raso colorato, il laboratorio delle bomboniere viaggia a pieno ritmo. «È tornato da poco. In passato l’abbiamo avuto per tantissimi anni, avevamo creato degli ausili artigianali su misura per ciascuna persona… Pensa che in catalogo i vari modelli di bomboniera avevamo il nome della persona che ci lavorava», mi racconta Giorgia Sordoni. Poi un bel giorno hanno deciso che basta, le bomboniere avevano stancato e non le volevano fare più: «Abbiamo chiuso il laboratorio, perché qui i desideri delle persone contano da sempre. Adesso ci sono ospiti a cui questa attività interessa e piace, così le bomboniere sono tornate».
Siamo ad Ancona, al Centro Papa Giovanni XXIII, una cooperativa sociale nata nel 1997 da don Giancarlo Sbarbati e dai giovani volontari della parrocchia del Cristo Divino Lavoratore. Fra loro c’era anche Giorgia Sordoni, che oggi è la presidente. L’occasione è un corso di formazione per giornalisti e comunicatori a cui VITA è stata invitata: Le parole contano. Comunicare la disabilità con rispetto e consapevolezza. Con 71 dipendenti e un’ottantina di volontari, la cooperativa oggi segue 45 utenti dai 26 ai 67 anni: gestisce due centri diurni, due comunità residenziali dove vivono 16 persone con disabilità, un appartamento per il sollievo, un centro di formazione professionale e un’attività di ristorazione solidale che si chiama come il piatto tipico di verdure stufate della città, Fricchiò. Ci lavorano 11 persone, di cui quattro con disabilità e su TripAdvisor – pur non avendo un locale ma facendo solo catering, asporto e feste private – è il ristorante con il punteggio più alto in città. La cooperativa è pure la prima realtà marchigiana, sia nel profit sia nel non profit, a redigere un “bilancio del bene comune”.




Daniela per esempio fa le bomboniere ma pure la cameriera a Fricchiò. Lei e Jeff stanno facendo un percorso formativo che li porterà presto a diventare soci lavoratori della cooperativa. Marco invece non vede l’ora di iniziare il corso di aiuto cameriere, specializzato nei caffè. «Abbiamo “spezzettato” le mansioni di alcuni profili professionali, così da offrire a più persone l’opportunità di lavoro», spiega Sordoni. Matteo invece è già un cameriere perfetto e parla continuamente, con un entusiasmo contagioso.

Daniela la ritrovo in terrazza, alle prese con le piante in “terapia intensiva”. Una volta alla settimana Ikea porta al Centro Papa Giovanni XXIII le piante “sofferenti”: le cure del team verde del “Progetto Piante” ridanno loro vigore e bellezza. Oggi ci stanno lavorando Raffaella, Marco e Daniela. «Quando sono tornate in forma, le carichiamo sui nostri pullmini e le regaliamo. Vanno nelle fioriere di via Orefici, la via dello shopping cittadino, in Comune ad allestire la sala dove si celebrano i matrimoni, nelle case degli anziani del quartiere che hanno aderito al progetto. Per noi sono occasioni preziosissime per uscire dal Centro e costruire relazioni», dice Sordoni. «Qualche volta però qualcuna muore», aggiunge Raffaella con onestà.

Diversi commercianti, conosciuti con la scusa delle piante donate, si sono lasciati conquistate dai progetti del Centro: «C’è una parrucchiera che ha ospitato una persona per un tirocinio, un’altra che ha invitato una nostra ospite ad accogliere i clienti una mattina a settimana, insieme ad una cartoleria abbiamo fatto un laboratorio artigianale. La stessa Ikea ci coinvolge nei suoi workshop sulla cura delle piante. L’idea di base è che per prenderci cura delle persone con disabilità che ci sono state affidate dobbiamo essere in grado di attivare l’intera comunità territoriale. “Curare il fuori, per cambiare il dentro”, è questo l’approccio che il Centro Papa Giovanni XXIII utilizza da anni. Siamo sempre più convinti che l’inclusione vera non nasce da spazi speciali, ma da contesti ordinari che sanno accogliere in modo straordinario. Creare luoghi speciali è facile. Rendere ogni luogo inclusivo è la vera sfida che misura il nostro grado di civiltà».
Curare il fuori, per cambiare il dentro: è questo l’approccio che il Centro Papa Giovanni XXIII. Creare luoghi speciali è facile. Rendere ogni luogo inclusivo è la vera sfida che misura il nostro grado di civiltà
Giorgia Sordoni, presidente Centro Papa Giovanni XXIII
È per questo che il Centro Papa Giovanni XXIII è iscritto al registro del volontariato della città di Ancona: alcuni suoi utenti hanno la responsabilità di rinnovare gli avvisi esposti nelle bacheche di alcuni quartieri, in una autentica esperienza di cittadinanza attiva. È per questo che gli ospiti hanno la tessera della biblioteca di Falconara e ci vanno regolarmente: anche chi non sa leggere, fa un’esperienza. Ed è sempre per questo che tutti i bar frequentati dagli utenti della cooperativa sono stati “valutati” dagli stessi fruitori con una checklist realizzata con la comunicazione aumentativa e alternativa (CAA), segnalando le difficoltà: «Abbiamo dato la relazione ad ogni locale, in maniera molto carina e la cosa bella è che moltissimi ci hanno dato un feedback. Insomma, usiamo tutta la città come un grande laboratorio», sintetizza Sordoni.

Sul piazzale intanto un pullmino attende di essere caricato con i “Libri a passeggio”. Anche qui l’idea è tanto semplice quanto efficace. Chi ha libri usati ma in buono stato, che non vuole più, li dona al Centro. I libri vengono catalogati e sistemati negli scaffali. Poi il team dei libri compone uno scatolone e una volta alla settimana porta i libri in giro per Ancona: nelle sale d’attesa di studi professionali, nei bar, nelle scuole. Si ritirano i libri vecchi e si lasciano i libri nuovi. Quello che vale di più sono le relazioni che nascono. Raffaella per esempio è stata invitata da diverse scuole a leggere un libro in classe ai bambini: «Invece di parlare di inclusione, così, la vivono».
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