Per venir condivise è fondamentale che diventino “story telling” in grado di mettere in rilievo i processi e non solo le performance. Su come farlo il dibattito
è stato molto vivace
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In questo senso va segnalato lo sforzo da parte di molte esperienze di voler trasformare anche questi aspetti di carattere narrativo in materiale di rendicontazione che integra bilanci, analisi di costumer satisfaction, reporting per la committenza.Secondo elemento. Quasi tutte le innovazioni proposte riguardavano i prodotti / servizi a dimostrazione che dopo essersi limitati a guardare l’etichetta della bottiglia – come sosteneva Luciano Balbo nella sua introduzione – oggi prevale, almeno fra gli addetti ai lavori, la voglia di assaggiarne il contenuto. Fuor di metafora è emersa una spinta consistente a sperimentare processi produttivi consolidati all’interno di settori ormai “maturi” anche in ambiti radicalmente diversi, testando quindi su campi inediti l’efficacia di quegli elementi di vantaggio competitivo che, al di là delle norme (peraltro sempre poco affidabili nell’applicazione), sostanziano questo particolare modello imprenditoriale. Forse è per questa ragione che nelle sessioni di lavoro si è assistito ad un curioso trade-off: molta voglia di raccontare la propria esperienza in quelle che trattavano i “nuovi” settori (turismo, produzione energetica, modelli di consumo, housing, agricoltura, ecc.) e invece più propensione all’ascolto e meno alla narrazione dove si parlava di servizi sociali e inserimento lavorativo, quasi prevalesse in quest’ultimo caso la voglia di ricercare nuove vie per superare situazioni di impasse.
Un terzo e ultimo appunto su come emergono le buone pratiche. In questo workshop è stato sperimentato, con successo, un percorso tutto bottom up lanciando un bando a cui potevano rispondere, “senza filtro”, tutte le organizzazioni di impresa sociale. Risultato: buon successo di pubblico in termini assoluti ma soprattutto a livello di composizione. Erano infatti in netta prevalenza i nuovi partecipanti, lasciando intravedere le avanguardie di una “new wave” del management delle imprese sociali italiane. Chi ha presentato la propria esperienza ben difficilmente si è sottratto a un dibattito ricco di richieste di chiarimento.
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