Vita: Steve Waygood, responsabile sostenibilità per Aviva Investors, perché chiedere listini “etici” quando esistono indici di Borsa legati alle performance di aziende virtuose in Csr?
Steve Waygood: Non c’è dubbio che gli indici etici siano un contributo concreto alla crescita delle performance aziendali. Tuttavia, ci sono ancora molto imprese che non sono incluse in questi segmenti di mercato e che non pubblicano bilanci di sostenibilità, di cui invece noi investitori abbiamo bisogno per una piena comprensione del valore economico e sociale di una società. Infatti solo il 18% delle 20mila aziende quotate monitorate da Bloomberg risponde ai criteri da noi richiesti per avere informazioni complete e accurate. Pertanto chiediamo alle Borse di porre dei criteri di sostenibilità per la quotazione delle società.
Vita: La Csr resta un costo per le aziende. Come si concilia la richiesta di Aviva in un momento di difficoltà dei mercati e dell’economia in generale?
Waygood: Aviva Investors sostiene un approccio sistematico per rivedere standard, valori, rischi e opportunità sostenibili di business. E crediamo che questo approccio porti a risultati a lungo termine. Lo testimoniano le indagini di Goldman Sachs e WestLb, solo per citarne due. E non siamo i soli a pensarla così. Oltre 800 gruppi di investitori, per un massa gestita di 20mila miliardi, ha siglato i principi dell’Onu per l’investimento sostenibile. In questo scenario i costi per la Csr risultano davvero poca cosa rispetto all’interesse degli investitori e i benefici attesi a lungo termine.
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